A Monte Isola/Bs, Towards TheFloatngPiers Chris evento unico al mondo,occasione per mostrare nostre bellezze
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10 GIUGNO 2016:SALVINI,5 STELLE E VOTO COMUNALE,LIBERTA DI COSCIENZA IN PERICOLO
-SU IL SOLE 24 ORE
ilsole24ore.com
I Cinque Stelle: nessun accordo con la Lega
roma
Nessun accordo con la Lega. I grillini reagiscono stizziti alle avance di Matteo Salvini secondo cui l’asse con i pentastellati «è nei fatti».Anche perché di questo «asse» il M5s non ha bisogno. L’obiettivo semmai è prendersi i voti degli elettori del Carroccio, a Torino come a Roma, senza doversi sporcare le mani in pubblici riconoscimenti.
«I voti sono dei cittadini, non dei segretari di partito. Non facciamo né inciuci né accordi», attacca il leader in pectore dei grillini Luigi Di Maio, confermando che il M5s non darà alcuna indicazione di voto nelle città in cui non sarà presente ai ballottaggi:«Sala o Parisi, De Magistris o Lettieri, Merola o Borgonzoni e così via, per noi pari sono». Una linea che coincide con quella di Beppe Grillo che relega Salvini alla politica del «passato».
La levata di scudi dei grillini impone al leader della Lega di precisare che con il M5s non c’è «nessun accordo, né sopra il banco né sotto il banco». Ma ribadisce che «laddove non ci fosse la Lega al ballottaggio, indicherò a chi volesse ascoltarmidi votare tutti tranne che per il Pd». A sostegno del numero uno del Carroccio arrivaRoberto Maroni: «Salvini è il segretario della Lega quindi condivido questa posizione al 100%», ha detto il Governatore della Lombardia, volendo così mettere a tacere le voci insistenti sul malessere emerso all’interno della Lega per il deludente risultato a Milano e per le successive uscite pro-grillini del segretario: nonostante ci siano «tante differenze rispetto a noi, un rumore di fondo comune c’è e questo penso che attrarrà gli elettori leghisti e spero viceversa», ha detto ancora Maroni assimilando la parabola del M5s agli esordi della Lega.
La scelta della Lega non è però condivisa da Fi. Almeno non apertamente: «Se la Lega decide di suggerire ai propri elettori di appoggiare un candidato dei grillini in funzione anti Pd è una legittima scelta. Io _ ha detto il governatore della Liguria Giovanni Toti _ sono più per l’idea di lasciare libertà di voto ai nostri elettori».
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http:ilsole24ore.com/art/notizie/2016-06-10/i-cinque-stelle-nessun-accordo-la-lega-063624.shtml?uuid=ADyG1eZ
REAZIONE:L'AZIONE POLITICA ELETTORALE,ANDARE A VOTARE O NO E' UNA FACOLTA DEL CITTADINO LEGALMENTE ABILITATO AL VOTO.IL VOTO E' SEGRETO ED E' UN DIRITTO DELLA LIBERTA DI COSCIENZA.I REGIMI AUTORITARI SOTTO LA PARVENZA DI DEMOCRAZIA CONTROLLANO IL VOTO.COSI ACCADE NEL COMUNISMO,AD ESSEMPIO L'ISOLA DI CUBA NON HA MAI SMESSO DI VOTARE,NE MENO NEGLI ANNI PIU BUI DELLA GUERRA FREDDA E FIDEL CASTRO HA VINTO TUTTE LE ELEZIONI,MA IN CUBA SI VOTA "A VISO SCOPERTO E MANO ALZATA".
IN SICILIA LA MAFFIA IN TEMPI PASSATI MALGRADO SI VOTASSI SEGRETO AVEVA SVILUPPATO UN SISTEMA DI FERREO CONTROLLO DEL VOTO PER QUI ERA IMPOSSIBILE NON SAPERE CHI VOTAVA CHI.OGGI IN CALABRIA ABBIAMO VISTO CHE LA N'DRANGHETA NO PERMETTE IL VOTO:LA PAURA FA CHE NESSUN CITTADINO SI AZZARDI A CANDIDARSI.
ALTRI REGIMI AUTORITARI ANCHE SOTTO LA FACCIATA DI DEMOCRAZIA FANNO IL VOTO OBLIGATORIO PER QUI E' IMPOSSIBILE ESSERCITARE LA FACOLTA DEL NON VOTO,E COSI VIA.
I REGIMI TOTALITARI DI DESTRA E SINISTRA NEGANO L'ESSERCIZIO DELLA LIBERTA DI COSCIENZA ELETTORALE. NE PIU NE MENO E' QUESTO CIO CHE FA IL NOSTRO CENTRODESTRA ANTIDEMOCRATICO E LIBERTICIDA:SALVINI,MARONI E BERLUSCONI VOLENDO METTERLI UNA "GRIFFA" PARTITISTICA AL VOTO EMESSO NEL PIENO ESSERCIZIO DEI DIRITTI ELETTORALI NEGANO LA LIBERTA DI COSCIENZA DEL CITTADINO, UNICO TITOLARE DEL VOTO.
DETTO QUESTO NEL PANORAMA POLITICO ELETTORALE ITALIANO ODIERNO CI SONO DUE MODO DI ESPRIMERE IL DISSENSO:NO VOTANDO O RIDENDOCI SOPRA.ECCO QUELLO CHE HA FATTO IL POPOLO ITALIANO NELL'ULTIMO RADUNO ELTTORALE DEI GOLPISI ITALIANI,HA ESPRESSO IL RIFIUTO CONTRO TUTTO IL CETO POLITICO NON VOTANDO O VOTANO UN COMICO.E IN FATTI SONO STATE QUESTE DUE POSSIBILITA ELETTORALI ESPRESSI NEI DIRITTI DELLA LIBERTA DI COSCINEZA QUELE CHE HANNO AVUTO LA MAGGIORANZA DELLE ADESIONI:HANNO VINTO IL PARTITO DEL NON VOTO E IL PARTITO DEL COMICO(CHE SI VUOLE ANTI-SISTEMA MA CHE HA DATO I SUOI VOTI PER VARARE QUESTO PARLAMENTO GOLPISTA).INSOMMA NON VOTARE O VOTARE PER UN COMICO NON SONO AZIONI ELETTORALI ANTISITEMA E NE MENO DELL'ANTIPOLITICA MA DELLA "A-POLITICA" OVVERO DELLA NON -POLITICA ESPRIMENDO COSI IL RIFIUTO DEL PD E DEL CENTRODESTRA.E QUESTO E' NE PIU NE MENO CIO CHE VUOLE LA NUOVA ERA E LA PREDICA DI QUESTE PUBLICAZIONI.
E AFFINANDO ANCORA UN PO' SI PUO DIRE CHE I VOTI DI GRILLO NON SONO NE DI SALVINI NE DI MARONI NE DI FI MA DELLA STESSA NATURA DI QUELLI DEL PARTITO DEL NON-VOTO,E ENTRAMBI SONO VOTI DELLA A-POLITICA,DELLA SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO DI FRONTE ALLO SPETTRO DELLE LARGHE INTESE GOLPISTI.SONO DUE MODI DI RESISTENZA.
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11 GIUGNO 2016:LEGA,VILIPENDIO AI SIMBOLI DELLO STATO
-SU LA REPUBBLICA:
l’inno di Mameli: “Indispettisce il governatore”
A Sulzano arriva Maroni, cancellato l’inno di Mameli: “Indispettisce il governatore”
Roberto Maroni durante la visita istituzionale
Inutili le proteste dei musicisti della cittadina sul lago di Iseo: “Costretti dal sindaco a cambiare il programma”. Il governatore: “Se l’avessero suonato l’avrei cantato”
dal nostro inviato PAOLO BERIZZI
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10 giugno 2016
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SULZANO – Arriva Maroni, niente inno di Mameli. E la banda del paese, per “non indispettire il Presidente”, su richiesta del sindaco è costretta a suonare una marcia alternativa. Succede a Sulzano, sulla sponda bresciana del lago d’Iseo. E’ il 28 maggio, vigilia della Festa della Repubblica. Il governatore lombardo giunge nel paesino per visitare “The Floating Piers”, la passerella-evento galleggiante realizzata dall’artista Christo che dal 18 giugno al 3 luglio collegherà Sulzano, Monte Isola e l’isoletta di San Paolo. Un arrivo in pompa magna quello di Maroni: a bordo di un trenino d’epoca, la locomotiva più antica d’Europa (è del 1883) rispolverata per l’occasione da Trenord.
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Il programma della mattinata prevede che l’arrivo del trenino, partito da Brescia con a bordo altre autorità, venga salutato dalla musica della banda di Sulzano. Poco prima che la locomotiva entri nella stazioncina del paese, ai componenti della banda giunge una singolare richiesta: che stravolge la scaletta. Il sindaco di Sulzano, la forzista Paola Pezzotti, non usa giri di parole: “No, niente inno di Mameli, non vorrei che Maroni si indisponesse… Meglio suonare un’altra marcia…”. I musicisti protestano, non sono d’accordo, vogliono eseguire – come da copione – l’inno d’Italia. Ma alla fine sono costretti adeguarsi.
Quando Maroni arriva in paese la banda suona dunque al posto di Mameli, la marcia “Primis”. “Ci è dispiaciuto molto. E la cosa che ci è dispiaciuta ancora di più è che nessuno si è lamentato del fatto che non suonassimo l’inno d’Italia”, racconta un musicista. Al di là del fatto che il sindaco che “blocca” l’inno nazionale è di Forza Italia, soprende, o forse no, vedere che ancora una volta – persino nell’era della Lega “nazionale” di Matteo Salvini – l’inno di Mameli venga considerato come “sgradito” agli esponenti della Lega Nord. Anche se Maroni nulla sapeva del cambio di programma musicale. “E’ una balla – dice il governatore lombardo – In ogni caso non ne sapevo nulla e, se lo avessero suonato, l’avrei anche cantato. Il primo maggio, a un anno da Expo, ho chiesto alla Scala di eseguire l’Inno di Mameli”.
In viaggio sulla più antica locomotiva a vapore d’Europa
Ma l’idiosincrasia leghista verso l’inno di Mameli ha una lunghissima serie di precedenti. Uno ha visto protagonista due anni fa proprio il gruppo della Lega Nord in consiglio regionale. Il 21 ottobre 2014 al Pirellone è stato commemorato in apertura di seduta il centenario della Prima guerra mondiale. Una cerimonia formale, con la presenza anche di alcuni alpini. Ma in aula è spiccata l’assenza in massa di tutto il gruppo leghista quando, all’inizio della cerimonia, è risuonato l’Inno di Mameli. A quanto si è appreso, i leghisti avevano chiesto che al posto dell’Inno nazionale ci fosse un coro degli alpini.
Della guerra al “canto nazionale” la Lega in questi anni aveva fatto una suo cavallo di battaglia: da segretario della Lega Nord del Veneto Gian Paolo Gobbo arrivò addirittura a proporre lo “stop” all’inno nazionale per qualsiasi manifestazione o celebrazione pubblica, che comunque non sia “strettamente legata alle forze armate, come potrebbe essere l’inaugurazione di una caserma”.
http:milano.repubblica.it/cronaca/2016/06/10/news/maroni_inno_di_mameli_lago_iseo_christo-141699018/?ref=HREC1-20
REAZIONE:INTOLLERABILE VILLIPENDIO AI SIMBOLI DELLO STATO PER PARTE DELLA SINDACO
L’INNO ITALIANO SERVE A CONTRASTARE IL COMUNISMO(SUONATO IL PRIMO MAGGIO)E NON SERVE A COMMEMORARE SE STESSO(PRIMA GUERRA MONDIALE)?CREDE LA LEGA CHE PUO STRUMENTLIZZARE L’USO DEI SIMBOLI DELLO STATO PER I SUOI SCOPI EVERSIVI?LA GIUSTIZIA AGISCA DI UFFICIO SULLA SINDACA.
VA BENE I CORI ALPINI MA MAI IN SOSTITUZIONE DELL’INNO NAZIONALE.E RICORDI ORA LA LEGA CHE IL CORO ALPINO SI PUO SUONARE E CANTARE ANCHE IN SICILIA,CIO’E’ BERSAGLIERI POSSONO DIVENTARE TUTTI QUELLI ITALIANI VINCOLATI CON MONTAGNE IN QUALSIASI PARTE DI ITALIA,E’LEGGE.E MONTAGNE E MARE CI SONO IN TUTTA ITALIA TRANNE CHE IN LOMBARDIA,TRENTINO ED ALTRE POCHE REGIONI CHE NON CONOSCONO IL MARE.
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11 GIUGNO 2016:PEDOFILIA,TOCCA A BARBARIN,ATTUALIZAZIONE
-SU LE MONDE:lemonde.fr
Pédophilie : les faits reprochés au prêtre lyonnais Bernard Preynat ne sont pas prescrits
Les magistrats de la cour d’appel de Lyon ont décidé vendredi 10 juin que les abus sexuels reprochés au prêtre lyonnais Bernard Preynat, il y a plus de vingt-cinq ans, n’étaient pas prescrits, dans la principale affaire de pédophilie du diocèse de Lyon. Ils ont ainsi suivi le parquet général qui avait requis le 20 mai la non-prescription des faits reprochés à ce religieux mis en examen fin janvier.
Selon la défense du cardinal Philippe Barbarin, que des victimes accusent d’avoir caché les agissements du Père Preynat à la justice dans le cadre d’une procédure connexe, la prescription aurait pu faire tomber les poursuites à l’encontre du primat des Gaules.
Bernard Preynat a été mis en examen le 27 janvier pour des agressions sexuelles commises sur des scouts de la région lyonnaise entre 1986 et 1991. Quatre plaintes ont été retenues à son encontre, le juge d’instruction ayant déjà estimé, dans une ordonnance rendue fin mars, qu’elles n’étaient pas prescrites.
Lire notre enquête : Comment l’église de Lyon a couvert les actes de pédophilie du père Preynat
Son avocat, Me Frédéric Doyez, avait fait appel de cette décision devant la chambre de l’instruction. L’enjeu était de déterminer le bien-fondé des poursuites pénales à l’encontre du religieux, qui a reconnu les agressions sexuelles.
Bernard Preynet va se pourvoir en cassation
« C’est la deuxième juridiction qui vient d’expliquer que, d’une part, le point de départ de la prescription est bien la date de la majorité des victimes ; et, deuxièmement, que les victimes ont pu bénéficier de l’allongement des délais en raison de la succession des lois de prescription dans le temps », a expliqué l’avocate d’une des victimes, Me Nadia Debbache.
« C’est une très bonne chose. Ça veut dire que le dossier continue. On va continuer à parler de cette affaire et tant qu’on en parlera, on forcera cette prise de conscience qui est longue à venir au sein de l’institution », a commenté un porte-parole de l’association de victimes La Parole libérée, François Devaux, qui dit mener un combat avant tout « moral ».
Après cette décision de la cour d’appel, l’avocat de Bernard Preynat, MeFrédéric Doyez, a annoncé un pourvoi en cassation,« avant peut-être une saisine de la Cour européenne des droits de l’homme ».« La vraie question c’est de savoir si l’on peut, à des faits datant de vingt-cinq ans, appliquer des dispositions d’aujourd’hui, a-t-il déclaré.Il faut prendre ce moment comme une étape dans une succession d’examens de cette question qui est fondamentale. Il y a une hiérarchie des normes juridiques. »
Lire aussi : Pédophilie : le cardinal Barbarin réunit les prêtres lyonnais pour faire le point
Me Doyez a par ailleurs affirmé que son client ne cherchait pas à fuir la justice :« Dire que le Père Preynat voudrait faire de la procédure pour retarder le cours des choses, c’est du mauvais esprit ».« Il y a de cela vingt-cinq ans, on a eu tous les moyens pour faire passer le Père Preynat devant une juridiction. Il a reconnu les faits, il les a reconnus oralement, il les a écrits. Si le procès n’a pas eu lieu, ce n’est pas à lui qu’il faut demander pourquoi. Il faut demander à ceux qui ont décidé de ne pas faire un procès », a-t-il relevé, dans une allusion aux parents de victimes qui, à l’époque, n’ont pas dénoncé à la justice les abus dont ils avaient connaissance.
Lire aussi : L’Eglise veut faire toute la lumière sur la pédophilia
http:lemonde.fr/police-justice/article/2016/06/10/pedophilie-les-faits-reproches-au-pretre-lyonnais-bernard-preynat-ne-sont-pas-prescrits_4948098_1653578.html
REAZIONE:ORA LA PAROLA AL PAPA…….
SPERIAMO CHE IL SUO DISCORSO SU BARBARIN NON DIVENTI INCOERENTE,DISSOCIATO:HA PROMESSO SEVERITA VERSO I PRETI PEDOFILIA,SI HA AFFIDATO ALLA GIUSTIZIA FRANCESE,QUESTA SI HA ESPRESSO E IL REATO DI PREYNAT NON HA PRESCRITTO,QUELLO DEL TITOLO
13 GIUGNO 2016:I GUAI DEI LYONESI SONO I GUAI DEI GATTIPARDI?
-SU LE MONDE:
lemonde.fr
A Palerme, le palais du « Guépard » menacé
Les propriétaires du palais Gangi ne peuvent plus assumer les frais de restauration.
Le 26 mai, dans un entretien au Corriere Della Sera, la princesse Carine, une Française d’origine lyonnaise et haut-savoyarde, a en effet menacé de tout vendre : le palais – ses dorures, ses tableaux, ses voûtes ornées de fresques, sa galerie des glaces, son double escalier, ses pavements de céramique – appartient à la famille de son époux depuis sa construction en 1652.
« Je déteste Palerme et je ne la supporte qu’à cause de cette baraque ! » La princesse Carine Vanni Mantegna
Le coupable ? L’ancien président du Conseil Mario Monti qui, arrivé au pouvoir en 2011 en pleine crise financière, a rétabli l’impôt sur la résidence principale, qu’elle soit ou non historique. Le couple princier, qui a investi 4 millions d’euros en vingt ans pour maintenir le palais en état, ne bénéficie d’aucune détaxation et encore moins d’aides.
Contactée au téléphone, la princesse Vanni Mantegna relativise légèrement ses propos. « Si je ne reçois aucune réponse à ma menace, nous vendrons tout dans deux ans. » Mais se montre bien plus virulente sur la Ville : « Je déteste Palerme et je ne la supporte qu’à cause de cette baraque ! » Pourquoi ne pas la louer ? « Je devrais investir 1 million d’euros pour la transformer en Bed & Breakfast de luxe, mais je ne pourrais pas facturer tellement au-delà de 100 euros la nuit. Ce sont les prix ici, surtout que nous sommes dans le centre-ville, qu’il est mal entretenu et peu sûr. » Organiser des visites ? « C’est compliqué. Je ne reçois de visiteurs qu’au compte-gouttes et sur rendez-vous. Les meubles et les objets sont trop précieux. » Oter les plus rares et les remplacer par des copies ? « Cela n’aurait aucun sens de présenter une coquille vide. Il faudrait également engager du personnel. Or, pour l’instant, je ne peux me permettre d’employer que mon majordome. Avec lequel je m’occupe de tout ! Je fais même le secrétariat... »
Au temps de la splendeur de ses propriétaires, le palais Gangi pouvait se permettre le luxe de faire travailler une vingtaine d’artisans. Le prince et la princesse avaient même créé un atelier de restauration sur place. « Un des conservateurs de Versailles m’a félicitée un jour : “Votre palais et le soin que vous y apportez sont uniques en Europe” », se réjouit Carine Vanni Mantegna. Mais l’Italie, qui recèle de trésors, est parfois indifférente à ses richesses. « Les seuls qui me proposent de me venir en aide sont des Français et des Suisses. On dirait que les Palermitains s’en fichent complètement. » C’est justement le sujet du Guépard : cette indolence, ce consentement au temps qui passe et ce dédain pour un monde sur le point d’être englouti.
Reste à savoir qui pourrait se porter acquéreur d’une telle demeure. La municipalité est exsangue, la région tout autant, qui préfère employer des milliers de fonctionnaires locaux à ne rien faire pour s’assurer leurs suffrages au moment des élections. « C’est incroyable, reprend Carine Vanni Mantegna, l’Italie tire pourtant une partie importante de ses ressources du tourisme, mais si les grandes demeures sont obligées de fermer, c’est une catastrophe. » Une seule solution à ses yeux : alléger la fiscalité sur les résidences historiques : « Je préfère mettre 30 000 euros dans la réfection d’une gouttière que les donner à une des régions les plus corrompues du monde. »
http://www.lemonde.fr/m-actu/article/2016/06/10/a-palerme-le-palais-du-guepard-menace_4947776_4497186.html
-LA NOTA SUL CORRIERE DELLA SERA:
corriere.it
La principessa: «Basta, ora vendo il palazzo dove si girò Il Gattopardo»
26 maggio 2016 - 11:21
Palazzo Gangi, a Palermo, ospitò il ballo del film di Visconti. Oggi Carine Vanni Mantegna accusa lo Stato: «Lo stato ci sta dissanguando». Il Fai: problema diffuso
Cinquantaquattro anni fa, in questi giorni, cominciavano a Palermo le riprese del Gattopardo. Luchino Visconti e Giuseppe Rotunno, il grande direttore della fotografia, avevano viaggiato per tutto l’inverno tra Roma e la Sicilia. Dalle ex-dimore «autentiche» dei Lampedusa — che cadevano a pezzi — ai luoghi inventati, ma più presentabili, in cui ricostruire le vicende del Principe, di Tancredi, di Angelica e di tutta la fantastica galleria di personaggi che stava per uscire dal romanzo, vivere tre ore sulla scena ed entrare dritta nella storia del cinema. Per l’arrivo a Donnafugata decisero addirittura di costruire un palazzo finto, non troppo distante dal capoluogo, perché era più facile farne uno di gesso che attraversare le mulattiere della Sicilia, a caccia di quelli veri. L’unica location già pronta, splendida, impeccabile persino agli occhi di Visconti, era Palazzo Gangi, nel cuore di Palermo.
shadow carousel
(VEDI SOTTO)
E lì, in cinque settimane di riprese, con seicento comparse vestite ogni sera da Piero Tosi, tornò in vita la festa dei Pantaleone, il ballo-icona assoluta che occupa quasi metà del film. «E io questo palazzo ora lo vendo». L’urlo che attraversa lo scalone disegnato da Juvarra, squassa il vestibolo, fa tremare i vasi di Sèvres , rischia di incrinare gli antichi vetri di Murano, non viene da una padrona di casa ingrata, ansiosa di trasferirsi sulla punta di un grattacielo alla moda. Arriva dal cuore ferito della principessa Carine Vanni Mantegna di Gangi, che ha dedicato vent’anni a preservare la sua dimora, a immaginarne un futuro e adesso sta per gettare la spugna. È un urlo che fa paura perché all’asta andrebbe uno dei pochissimi palazzi settecenteschi di alto lignaggio che ha conservato intatto, fino a noi, l’insieme dei suoi arredi. La principessa non deve sforzarsi per spiegare cosa racchiudono le mura di Palazzo Gangi-Valguarnera, quasi invisibili nel ventre della città decrepita e, anche per questo, cosi sorprendenti al loro interno. Basta chiedere di essere accompagnati a visitare gli ottomila metri quadri traboccanti di gemme, pezzi unici e storia. Basti pensare alla Villa Reale di Monza o alla Reggia di Venaria, con la spogliazione degli arredi e il loro conseguente vuoto estetico. Ma Palermo non è Milano, né Torino, né Roma e anche un tesoro di meraviglie, anche «il palazzo del Gattopardo», può diventare sterile, improduttivo, un peso, un incubo.
Soprattutto se lo Stato – come denuncia la padrona di casa, Lionese di nascita, siciliana col cuore - ti dissangua, la Regione ti ignora, persino il Comune rema sempre contro. E non solo contro Palazzo Gangi, ma contro tutte le magioni storiche della Sicilia. Ecco perché la principessa è così arrabbiata. «Quando la madre di mio marito è morta io e lui ci siamo seduti sul pavimento dipinto della sala da ballo. Duecentoventi metri di maioliche di Vietri del 1750, che compongono una coppia di Gattopardi antropomorfi, unici nel loro genere. Anche loro erano stati deturpati dagli ospiti dei matrimoni e dei banchetti a cui mia suocera aveva affittato. Ci siamo guardati e abbiamo detto: dobbiamo salvare tutto questo. È stato l’inizio della mia rovina. Del mio ergastolo. Io ero una ragazza vivace, vivevo tra Lione, Chamonix, Parigi, mi arrampicavo cogli sci in cima alle montagne. Ma pur abituata bene, sono rimasta sconvolta dalla bellezza del barocco siciliano. E così ho assoldato dieci squadre di artigiani restauratori, ho imparato con loro, mi sono rovinata le mani, abbiamo iniziato dallo scalone d’accesso e non abbiamo più smesso. Trecentocinquanta opere recuperate in vent’anni, una piccola scuola di restauro aperta al pian terreno, tutto da soli, tutto con i nostri soldi. Che oggi sono finiti». «Nessuno ci ha mai aiutato — continua Carine Vanni Mantegna — tranne pochi mecenati stranieri. Qui sono passati Giscard d’Estaing, Pierre Bergé , Yves Saint Laurent, Francis Bouygues. Ma con gli italiani, soprattutto dal Governo Monti in poi, è stato...doloroso. Ci hanno tolto gli sgravi sull’IMU. L’IRPEF si porta via tutto dei pochi redditi che nascono qui dentro. Nessuno degli investimenti — e parliamo, negli anni, di milioni di euro, — viene considerato. La nostra proprietà, di cui affitto qualche bottega a ottocento euro al mese, viene trattata alla stregua di un palazzo romano, o veneziano, o fiorentino, dove ogni centimetro rende una montagna di denaro».
I «cahiers des doléances» della principessa riguardano almeno un’altra dozzina di dimore storiche di Palermo, sopravvissute in qualche modo ai «sacchi» della citta’. Dodici immobili che appartenevano a una categoria meglio tutelata, fino a qualche anno fa. «Con le nuove regole le case protette sono diventate quasi trecento. Una follia. Basta avere un prospetto, uno scorcio di facciata, per poter beneficiare. Tutti allo stesso modo: i capolavori e i falsi. Così anche le ultime sovvenzioni vanno disperse». «E poi – continua – non c’è nessuna strategia, nessun ragionamento: si restaurano due fienili persi nelle Madonie, si spende un milione per fare una strada e portarci i bambini a fare campeggio! A Cefalù c’era l’unico campo da Golf della zona. Sono andati avanti fin quando ci sono stati i contributi. Adesso è tutto abbandonato, proprio mentre, con la crisi in nord Africa e Medio Oriente, i turisti di tutto il mondo potrebbero scegliere la Sicilia. Qui si chiude, si sotterra. Ad Hammamet di campi da golf ce ne sono cinque». Ma un barlume di speranza, proprio non si vede? Negli ultimi due anni hanno pedonalizzato via Maqueda, recuperato piazze, fontane, giardini... «Specchi per le allodole, granelli di sabbia, in una clessidra che gira al contrario. Tutto il nostro quartiere, a est di via Roma, è semi abbandonato. Le uniche novita’ sono i B&B, le case vacanza e la pioggia di licenze dei “pub”, che stanno aperti fino alle tre di notte e bloccano la circolazione. Per il resto centinaia di negozi chiusi, case che si sciolgono senza più tetti nè finestre, viviamo un’emergenza della nettezza urbana che rivaleggia con quella di Napoli. E poi la criminalità. Siamo stati aggrediti fin sulla porta di casa, hanno tentato di portare via la fontana della nostra terrazza di notte, con una gru. A mia cugina hanno rubato la statua colossale di Ercole dal parco della villa di Bagheria, con un elicottero! Incredibile, ma vero. E allora venderà?
«Assolutamente, vendo, anzi, svendiamo. Come hanno già fatto i Moncada, qui di fianco. Dodicimila metri quadri, dodici milioni. Più che una vendita, un regalo. E il loro palazzo era già vuoto da decenni». Nessun progetto percorribile, nessuna via d’uscita? «Le ho pensate tutte. Abbiamo un’ala del palazzo che è andata a fuoco negli anni ‘80. Ci si potrebbero fare una decina di suites, un Bed & Breakfast raffinato, gli spazi sarebbero perfetti. Ma poi a quanto le affitto, le stanze, in questo disastro che è Palermo? Centoventi euro a notte, se va bene. L’investimento è di almeno un milione, faccia lei i calcoli».
Al j’accuse della principessa franco-palermitana risponde l’è così toscano del conte Gaddo della Gherardesca, presidente della Associazione Dimore Storiche Italiane. E anche il pensiero di Giulia Maria Crespi, fondatrice e presidente onorario del FAI si potrebbe riassumere in un milanesissimo l’é inscì! «In tutta Italia – spiega della Gherardesca - il Paese che primo al mondo potrebbe vivere di arte e turismo, si trattano gli immobili storici, ammantati di arte e cultura, come le ville della Costa Smeralda. Si preferisce spremere un risibile gettito da imposta piuttosto che contribuire alla nascita di un flusso duraturo di opportunità, di lavoro, di ricchezza privata e pubblica. Un processo che già funziona in molti paesi e che si genera aiutando questi luoghi ad essere vitali, attraenti, visitabili e fonte di reddito. Anche per un considerevole indotto. Dal 1938 al 2011 abbiamo beneficiato di una fiscalità ragionevole – continua il presidente della ADSI - Poi, in una situazione oggettivamente di emergenza, è arrivato il cosiddetto decreto “salva Italia” del Governo Monti. Per noi è stato l’inizio della fine: il carico fiscale sulle proprietà è aumentato di quasi otto volte. Lo Stato ha smesso di liquidare i contributi dovuti per gli interventi di restauro: pur approvati dalle Soprintendenze, vengono erogati in proporzione di un decimo. Poi ci sono i costi della manutenzione, della manodopera specializzata, che sono esplosi. Se a tutto questo aggiungiamo che l’agricoltura – conclude della Gherardesca - spesso connessa alla vita di questi luoghi, non rende più nulla e che molti dei beni - vincolati o no - sono di fatto invendibili, abbiamo il quadro completo della situazione». Giulia Maria Crespi usa toni più pacati, ma la morale non cambia di molto. «Il problema riguarda migliaia di proprietà e luoghi di valore, il cui uso virtuoso potrebbe riversare sul territorio grandi benefici. La vera ricchezza del nostro Paese. Basterebbe applicare anche in Italia la deducibilità fiscale. E risanare un poco il contorno. Alcuni di questi luoghi, come ad esempio Palazzo Gangi, sarebbero due volte meritevoli di aiuto e bisognosi di idee, perché conservano intatti i loro tesori.. La Sicilia, però, è una regione a statuto speciale, e in questo specifico sfugge alle regole e agli sforzi che vengono dall’esterno. Il nostro progetto del Giardino della Kolymbethra, vicino ad Agrigento è andato in porto. L’unico in Sicilia del FAI e di cui io sono orgogliosa. Ma quante consorterie, quanti interessi privati, quanta mancanza di cultura abbiamo dovuto attraversare».
26 maggio 2016 (modifica il 31 maggio 2016 | 15:17)
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«La casa del Gattopardo? Ora la vendo»
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