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FAITES INTERNES 1:CONTINUATION 318

27 Novembre 2014 , Rédigé par Dott.GIUSEPPE CIANCIMINO TORTORICI

27 NOVEMBRE 2014:CAPITALISMO SELVAGGIO IN BRUXELLES 2

-SU GOOGLE NEWS:

Che cosa prevede il piano Juncker. Panacea o bluff?

6 – 11 – 2014Margherita Tacceri

Che cosa prevede il piano Juncker. Panacea o bluff?
 
Numeri, dettagli, obiettivi, sfide e incognite

Si chiariscono i contorni del piano Juncker che fa già discutere politici e addetti ai lavori.

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE

Questa mattina il piano è stato presentato dal Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker agli eurodeputati, riuniti in sessione plenaria a Strasburgo. Nell’intervento il neo Presidente della commissione ha fornito qualche dettaglio in più rispetto alla frase spot che ripeteva da mesi:  “Il bilancio europeo mobiliterà fino a 300 miliardi di investimenti pubblici e privati in tre anni”.

LE ATTESE

Il tam tam mediatico aveva creato illusioni e soprattutto nei Paesi in difficoltà si erano create tante aspettative. In molti avevano creduto che sarebbe presto arrivata una pioggia di investimenti, nell’immaginario collettivo l’Europa sarebbe diventata uno sportello bancomat pronta ad elargire finanziamenti.

I VERI NUMERI

Oggi il chiarimento: in realtà i miliardi sono “solo” ventuno che dovrebbero diventare 315 grazie a un “fantomatico effetto moltiplicatore”. In altri termini le risorse comunitarie ammontano a 21 miliardi di cui 5 stanziati dalla BEI e i 16 restanti provengono da garanzie del bilancio europeo.

LA SPERANZA DI JUNCKER

La speranza del presidente della Commissione di Bruxelles è che per ogni euro investito, si produca un effetto moltiplicatore (da 1 a 15) grazie al contributo di risorse pubbliche e private. Quindi chiarito che i miliardi iniziali non saranno 300, la vera e unica novità positiva del piano di investimenti è rappresentata dal fatto che ”I contributi degli Stati saranno fuori dal deficit e dal debito”, quindi non verranno conteggiati nei parametri fissati dal Patto di Stabilità.

LE PAROLE DI KATAINEN

Chiarito il bilancio, adesso rimane da spiegare ai cittadini che il falco Katainen (Vice Presidente responsabile del pacchetto economico) ha dichiarato che il piano di investimenti europeo “è rivolto a progetti ad alto rischio”, che altrimenti difficilmente potrebbero venire finanziati.

LE INCOGNITE

Gli addetti ai lavori immaginano bandi per accedere ai finanziamenti specifici e contorti, e  successiva valutazione affidata a rigidi comitati da esperti. Secondo Juncker, “il Piano sugli investimenti si può riassumere in un messaggio unico: l’Europa ora può offrire speranza al mondo su crescita e lavoro”, i maligni invece aspettano di vedere in che direzione andranno i finanziamenti. Direzione Berlino? Tra gli italiani, fra Strasburgo e Bruxelles, si spera di no.

http://www.formiche.net/2014/11/26/che-cosa-prevede-il-piano-juncker-panacea-o-bluff/

- CAPITALISMO SELVAGGIO IN BRUXELLES 3

-SU GOOGLE NEWS:

Ecco come funzionerà il piano Juncker

6 – 11 – 2014MPS CAPITAL SERVICES Market Strategy

 
Ecco come funzionerà il piano Juncker

Numeri, dettagli e obiettivi

In area Euro la speculazione secondo cui la BCE si appresterebbe a comprare altri asset tra cui titoli governativi continua a sostenere gli acquisti di bond, portando così i tassi di mercato a registrare nuovi minimi.

LE POSIZIONI NELLA BCE

Su questo tema si è espresso il vicepresidente della BCE Constancio, secondo il quale l’ipotesi rientra in quelle prese in considerazione dall’Istituto e sarebbe attuata nel caso distribuendo gli acquisti in proporzione alla quota di ciascuna banca centrale nazionale nel capitale della BCE.

IL TACCUINO DELLO SPREAD

Sui minimi da inizio ottobre lo spread Italia-Germania sceso fino a 138 pb. Unica eccezione il decennale greco (che resta poco sotto l’8%) su cui pesano le attese di un accordo della Troika con il governo.

IL PIANO JUNCKER

Oggi il presidente della Commissione europea, Juncker, ha presentato il piano di investimenti da 300 Mld€ al Parlamento europeo. Il piano sarà finanziato tramite il fondo europeo per gli investimenti strategici (EFSI) che avrà un capitale iniziale di 21 Mld€, di cui 5 a carico della BEI ed i rimanenti 16 Mld€ di garanzie europee.

GLI OBIETTIVI

L’obiettivo sarà di generare tra il 2015 e 2017 prestiti ed investimenti per almeno 315 Mld€, grazie ad un effetto leva di 15 volte. Al piano potranno partecipare sia investitori privati sia gli Stati dell’area. In quest’ultimo caso Juncker ha assicurato che i contributi degli stati al fondo saranno scomputati dal deficit.

http://www.formiche.net/2014/11/26/ecco-funzionera-forse-il-piano-juncker/

 

- CAPITALISMO SELVAGGIO IN BRUXELLES 4

-SU GOOGLE NEWS:

Intese alla Juncker, doppio irlandese, panino olandese. Tutti i trucchetti fiscali sparsi per il mondo

1 – 11 – 2014Patrizia Licata

Intese alla Juncker, doppio irlandese, panino olandese. Tutti i trucchetti fiscali sparsi per il mondo

Numeri, fatti, ricostruzioni

Aziende globali dell’economia digitale: dove risiedono e dove devono pagare le tasse? Questo è il grande dilemma (per gli Stati sovrani) creato dalla Internet economy e il portentoso escamotage concesso a colossi che vanno da Apple ad Amazon (ma il settore hitech non è l’unico coinvolto) che riescono, con creative strutture corporate, ad aggirare il pagamento delle tasse nei Paesi in cui generano introiti.

La questione è diventata “imbarazzante” in questi giorni perché tra i Paesi europei che favoriscono gli escamotage fiscali c’è il Lussemburgo, dove molte aziende hanno potuto ottenere importanti agevolazioni in cambio dei loro investimenti negli scorsi anni – anni in cui alla guida del Paese come premier c’era il neo-eletto presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. A mettere Junker sulle braci ardenti c’è l’intesa che il Lussemburgo avrebbe concordato con 340 multinazionali per garantire loro una fiscalità vantaggiosa in cambio dell’installazione di una sede entro i confini del granducato.

GOOGLE & CO.: 25% DI TASSE IN MENO IN 8 ANNI 

La questione però ha dimensioni più grandi e non coinvolge solo il Lussemburgo. Pochi mesi fa il Financial Times calcolava che grandi aziende hitech americane e alcuni colossi farmaceutici – AppleMicrosoftGooglePfizer, Cisco SystemsOracleQualcommJohnson & JohnsonMerckAmgenEmceBayEli Lilly e Medtronic - erano riusciti a ridurre il loro carico fiscale medio del 25% negli ultimi otto anni “parcheggiando” il loro contante all’estero. Lo hanno fatto così sistematicamente che il cash che questi gruppi conservano fuori dagli Stati Uniti (quasi 500 miliardi di dollari) è più del cash di tutte le altre aziende Usa messe insieme. Queste aziende godono di un livello di corporate tax che è in media di appena il 10% nel 2013, dice il sondaggio del Ft, e il carico fiscale a cui sono soggette è sceso di 7,7 punti tra il 2004-06 e tra il 2011-13; per contro, le tasse corporate nei Paesi Osce sono scese di 3,4 punti e ammontano in media al 25,15%.

Sono cifre che disegnano una “migrazione” dei profitti generati da alcune grandi compagnie americane verso Paesi con regimi fiscali molto favorevoli quali Irlanda, Singapore e Bermuda. La montagna di contante che queste aziende hanno fuori dagli Stati Uniti è destinata a crescere perché non solo il regime fiscale degli Usa non è altrettanto favorevole sugli utili aziendali, ma è molto pesante per chi fa tornare in patria soldi che prima teneva all’estero (con tassazione fino al 35%). Molti gruppi hanno addirittura chiesto al governo Usa una “tax holiday“, una sorta di moratoria, che permetta di riportare il cash in patria sotto un regime un po’ più favorevole – moratoria che però non è molto probabile, visto che la Us Joint committee of Taxation ha fatto presente al Congresso che tale misura costerebbe al governo a stelle e strisce 96 miliardi di dollari di introiti in dieci anni.

DAL DOPPIO IRLANDESE AL PANINO OLANDESE

In Europa ad essere nel mirino delle autorità è soprattutto l’Irlanda, visto che l’escamotage più usato dalle tech companies è il cosiddetto Double Irish, che sfrutta la possibilità concessa dalla legge irlandese di incanalare i pagamenti delle royalties per la proprietà intellettuale da una filiale registrata in Irlanda a un’altra che risiede per motivi fiscali in un Paese dove non si pagano tasse sugli utili. Il Double Irish permette alle aziende di trasferire legalmente ogni anno miliardi di euro di profitti in paradisi fiscali; è usato da aziende come Google, Facebook o VMware e da molte altre tech companies americane. VMware, per esempio, ha una sussidiaria registrata in Irlanda col nome di VMware Bermuda Ltd che l’anno scorso ha incassato 1,43 miliardi di euro di licensing fees dalla divisione irlandese che vende software e servizi VMware, ma senza pagare tasse sui profitti.

Il sistema del Double Irish è spesso appaiato a un’altra struttura molto sfruttata dalle multinazionali e che chiama in ballo un altro Paese ancora: il Dutch Sandwich, che usa un sistema di più società, di cui una con sede nei Paesi Bassi, per evitare alcune tasse. Double Irish in primis e a seguire tutti gli altri stratagemmi sono diventati il centro di una campagna per la revisione del sistema di corporate tax: l’Ocse ha detto che uno degli obiettivi delle sue raccomandazioni per le modifiche ai regimi fiscali è proprio quello di porre fine ai sistemi che permettono alle aziende di trasferire i profitti verso i paradisi fiscali.

APPLE E AMAZON NEL MIRINO

Il Doble Irish è stato attaccato di recente dall’Ue per gli accordi con cui l’Irlanda avrebbe permesso ad Apple di ottenere un regime fiscale molto favorevole (accordo negato tanto dall’Irlanda quanto da Apple). La Commissione europea ha pubblicato a settembre la lettera inviata a Dublino con cui ricostruisce le relative vicende degli accordi fiscali tra la Mela e il governo Irlandese tra il 1990 e il 2007 e parla di illeciti “aiuti di Stato”. Le autorità irlandesi avrebbero accettato di considerare come base imponibile della società Usa, in relazione alle filiali irlandesi, dei valori non allineati a quanto sarebbe avvenuto normalmente sul mercato, un beneficio che Apple avrebbe ottenuto mettendo sul piatto della “trattativa” pesi quali l’opportunità di creare occupazione.

Una vicenda simile ha visto coinvolta Amazon e ci riporta in Lussemburgo: la Commissione europea ha aperto un’indagine a tutto campo sul regime fiscale che il Lussemburgo applica al colosso americano delle vendite, che sottovaluterebbe il volume degli utili di Amazon e le concederebbe un vantaggio sleale sulla concorrenza. La Commissione ha spiegato che la delibera fiscale emanata nel 2003 dal Lussemburgo per la filale locale di Amazon, Amazon Eu Sarl, ha permesso all’azienda di pagare una royalty alla casa madre che ha ridotto la quota tassabile ad appena l’1% dell’utile prodotto in Europa. Ciò, indica l’Ue, potrebbe non essere in linea con le condizioni di mercato.

“E’ giusto che le filiali delle multinazionali paghino la loro parte di tasse e non beneficino di un trattamento preferenziale che equivarrebbe a sovvenzioni mascherate”, ha dichiarato il commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia.

IRLANDA, UN PASSO AVANTI E UNO INDIETRO

L’assedio di Ocse e Ue agli escamotage fiscali è stato tale che a metà ottobre il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan aveva annunciato che dal 1° gennaio 2015 il Double Irish non sarebbe stato più utilizzabile per le società che si stabiliscono ex novo nel Paese. Le altre avrebbero avuto il tempo di rivedere la loro organizzazione fino al 2020.

Pochi giorni dopo, però, il governo irlandese ha fatto marcia indietro preannunciando per il 2015 un provvedimento, il Knowledge Development Box, che consentirà alle aziende tecnologiche, farmaceutiche e ad altre che traggono i loro ricavi da prodotti e servizi coperti da brevetto, di pagare meno tasse.

Si tratta di un tipo di provvedimento che esiste già in Gran Bretagna, dove è chiamato “patent box”, e in Olanda, dove è conosciuto con il nome di “innovation box” e che consente alle aziende di separare le entrate provenienti dalla proprietà intellettuale, per le quali è previsto un carico fiscale ridotto. In Olanda, per esempio, la quota da versare in base all’innovation box è soltanto il 5%. In Irlanda la corporate tax è già piuttosto bassa (12,5%); quella garantita ai prodotti coperti da brevetto sarà presumibilmente molto inferiore.

SCHAUBLE: SERVE UN SISTEMA FISCALE GLOBALE

“Il modo di funzionare dell’economia mondiale sta profondamente cambiando: come effetto della globalizzazione e della digitalizzazione, un numero crescente di processi economici ha assunto scala internazionale”, ha scritto nei giorni scorsi Wolfgang Schäuble, ministro tedesco delle Finanze. “Il progresso tecnologico nella digital economy fa sì che le aziende possano servire i mercati senza esservi fisicamente presenti e anche le fonti di reddito sono diventate mobili: c’è un crescente interesse verso asset intangibili e investimenti mobili che possono essere facilmente ‘ottimizzati’ da un punto di vista fiscale e trasferiti all’estero. Le normative fiscali non hanno tenuto il passo con queste evoluzioni, non sono più adatte all’integrazione internazionale, alle strutture delle aziende di oggi e alla realtà economica dei servizi digitali. Senza norme adeguate, gli Stati perdono entrate di cui avrebbero enorme bisogno per rimpinguare le loro casse”.

“La tensione che ne deriva tra sovranità fiscale degli Stati e le dimensioni senza confine delle attività economiche moderne può essere risolta solo tramite un dialogo internazionale e standard globali uniformi”, secondo Schäuble. “Nell’Unione europea, gli Stati si devono unire per proporre una soluzione congiunta. Nei giorni scorsi si è tenuto a Berlino il settimo meeting del Global Forum on trasparancy and exchange of information for tax purposes, che ha riunito i rappresentanti di 122 Paesi e giurisdizioni, Ue compresa, ed è stato firmato un accordo sullo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari a fini fiscali: in futuro, virtualmente tutte le informazioni connesse con un conto bancario saranno riportate alle autorità fiscali del Paese di appartenenza del proprietario del conto. Abbiamo bisogno di standard internazionali uniformi per raggiungere una concorrenza fiscale internazionale equa e i progressi fatti con l’accordo di Berlino sullo scambio automatico delle informazioni per il fisco dimostra che, lavorando tutti insieme, raggiungere questo obiettivo è possibile”.

GLI ESCAMOTAGE CONVENGONO DAVVERO?

Di fronte a tante pressioni quanto dureranno gli escamotage fiscali? Sicuramente gli Stati sovrani, defraudati di miliardi di entrate, cominciano ad attrezzarsi per reagire. Il gruppo del G20 si prepara a varare norme più severe contro le scappatoie come il famigerato Double Irish. La Commissione europea, come abbiamo visto, esamina i casi di alcuni colossi come Apple. Negli Usa, la Us Joint committee of Taxation ha fatto notare che gli escamotage fiscali alla lunga potrebbero rivelarsi non così convenienti come sembrano: le aziende americane si stanno ritrovando oberate da costi extra legati proprio al fatto che conservano i soldi dei profitti fuori dagli Usa e in patria sono costrette a prendere il denaro in prestito perché non possono usare il contante che hanno all’estero.

Gli investitori poi si preoccupano che l’effetto positivo dei regimi fiscali molto favorevoli sugli utili aziendali non tenga nel lungo termine: Luca Paolini, chief strategist di Pictet Asset Management, ha messo in dubbio in una nota che un’azienda che migliora i suoi margini netti solo grazie al fatto che paga meno tasse sia un’azienda dal business in perfetta salute.

I regolatori americani, infine, spingono perché le compagnie con tanto contante all’estero siano più trasparenti e diano dettagli su quanto contante conservano fuori dagli Usa e come lo utilizzano: Google di recente ha dovuto illustrare alla Securities and Exchange Commission il suo programma con cui intende spendere “fino a 30 miliardi di dollari su acquisizioni estere”. La stessa Sec ha chiesto ad alcune aziende di spiegare perché gli utili prodotti all’estero sono “sproporzionati” rispetto al fatturato estero: le multinazionali del sondaggio del Ft hanno riferito che due terzi dei loro profitti sono prodotti fuori dagli Usa, contro solo la metà delle loro vendite

http://www.formiche.net/2014/11/11/trucchi-fiscali-juncker-lussemburg/

REAZIONE:ECCO COME SI STA CONSUMANDO IL SACHEGGIO NEOLIBERALE DELLA NUOVA ERA.

-COMMENTO FINALE:IL MIO COMMENTO A QUESTE TRE NOTE DELLE FORMICHE L’HO GIA ESPRESSO ALL’INIZIO E A BEN CAPIRE,A LETTORE INTELLIGENTI QUI VIENE MEGLIO SPIEGATO CIO CHE HO RIASSUNTO BREVEMENTE E IN CONCRETO NELLA REAZIONE DELLA NOTA SU LA STAMPA NEL POST ANTERIORE.

AH….MENO MALE CHE GOOGLE NEWS C’E'(E ANCHE MARGHERITA,PATRIZIA E …..LE FORMICHE)

MA ASPETTA CHE ANCORA NE VEDRAI DELLE BELLE.

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- CAPITALISMO SELVAGGIO IN BRUXELLES 5

UK  affronta disegno di legge per buco nero di £ 34bn nel bilancio UE

UE  accusata di cattiva gestione finanziaria, dopo che i revisori trovano enorme buco nero nel bilancio di Bruxelles

Bandiera Euro con crepe gelo in
Il deficit è conosciuto nel gergo di Bruxelles come “reste à liquider”, o “consistenze” Foto: Alamy

Bruno Waterfield a Bruxelles e Peter Dominiczak

13:53 GMT 26 Nov 2014

I Sindaci hanno individuato un buco nero nel bilancio dell’Unione europea, che potrebbe portare a richieste extra per la cassa dal contribuente britannico fino a £ 34000000000 nel corso dei prossimi sei anni.

David Cameron sarà giuridicamente obbligato a costituire una quota di un deficit di £ 259.000.000.000 per il 2020 con le passività per il Tesoro stimate a £ 33,7, calcolati al tasso usuale di contributi della Gran Bretagna all’UE.

Il buco nella spesa dell’UE è stato identificato dalla Corte dei conti europea e rappresenta un disastro politico per il Primo Ministro che ha fatto promesse ripetute per abbattere la quantità che la Gran Bretagna paga nei bilanci di Bruxelles.

“La capacità dell’Unione europea di prendere solo i soldi dei contribuenti ogni volta che vuole è un oltraggio. Sottolinea ciò che è strutturalmente sbagliato del nostro rapporto con i trattati esistenti “, ha dichiarato Bernard Jenkin MP, il presidente della commisione ristretta della Camera dei Comuni per la pubblica amministrazione.

“Il parlamento britannico dovrebbe decidere quanto vogliamo pagare all’UE non i burocrati di Bruxelles.”

In una relazione speciale all’inizio di questa settimana,la Corte dei Conti dell’UE ha individuato la somma in fatture in sospeso per gli impegni di spesa assunti dalla Commissione europea nel corso degli ultimi quattro anni giuridicamente vincolante.

“Supponendo che gli impegni non saranno disimpegnati, e non vedendosi come la maggior parte di loro si ricaveranno, potrebbe essere problematico ottenere questi soldi dagli stati membri per finanziare le spese previste,” Igor Ludboržs, un revisore deella Corte dei Conti europea, ha detto il sito EurActiv .

“Noi non vediamo un lieto fine. Gli importi sono sempre più grandi e più grandi. ”

I Parlamentari conservatori euroscettici “sputano di rabbia” di fronte alla prospettiva di un aumento dei contributi UE e un mancato controllo della spesa di Bruxelles ‘in un momento in cui la Gran Bretagna sta facendo tagli per equilibrare il bilancio.

“La commissione è fuori controllo e deve essere riportata sotto controllo. Questo è un problema di avere alcun reale controllo democratico per l’Unione europea. La commissione scrive controlli senza equilibri “, ha dichiarato Jacob Rees Mogg, Tory MP per il Nord Est Somerset e membro del comitato di controllo europeo della Commons.

John Redwood, il deputato conservatore per Wokingham, ha detto: “Non possiamo andare avanti così, con l’Unione europea in costante invio di nuovi progetti di legge più grandi nel Regno Unito quando stiamo disperatamente cercando di controllare la spesa pubblica e mettere il nostro deficit giù. Per la maggior parte dei contribuenti britannici vorremmo iniziare i nostre tagli dei programmi europei piuttosto che proteggerli. La commissione ha bisogno di imparare a gestire il bilancio. ”

Matthew Elliott, capo del business per la Gran Bretagna,un gruppo di pressione, ha descritto ulteriori richieste dall’UE come “inaccettabili”.

“E ‘tempo di porre fine all’era del assegno in bianco a Bruxelles, quando il denaro è promesso e gli Stati membri sono tenuti semplicemente a sborsare in più,” ha detto.

La struttura del bilancio UE significa che la Commissione possa assumere impegni per i programmi di spesa a lungo termine al di là i pagamenti annuali effettuati dai Tesori nazionali nel bilancio di Bruxelles.

I Conti dell’UE sono preoccupati che un soffitto di tappatura nei pagamenti ad un massimo di £ 718.000.000.000 tra il 2014 e il 2020 non sarà sufficiente a pagare le bollette esistenti e si traducono in contributi aggiuntivi da parte dei contribuenti di tutta Europa.

“Si tratta di un numero grande, ma se ci aspettiamo che in futuro i pagamenti,siano meno drammatici,” ha detto un portavoce della Commissione.

Il deficit è conosciuto nel gergo di Bruxelles come “reste à liquider”, o “consistenze” e, mentre la Gran Bretagna ha un diritto di veto in corso al di sopra del limite massimo di pagamento, i contributi nazionali stanno ancora  raggiungendo livelli record.

Colpire il soffitto avrebbe spinto i contributi britannica all’UE al di sopra di £ 13billion l’anno per i prossimi sei anni, più alti che il record precedente massimo di £ 11.3bn versato nelle casse di Bruxelles lo scorso anno.

“Se l’Unione europea spende fino al soffitto di pagamento, come ora sembra probabile, questo significa che i contributi nazionali saliranno”, ha detto un funzionario.

Implicitamente ammettendo che i contributi potrebbero aumentare, i funzionari britannici hanno detto che la “bottom line” sarebbe garantire che la spesa non sia andato sopra il soffitto di pagamento, negoziato ad un livello storicamente basso dal signor Cameron lo scorso anno.

“Stiamo facendo in modo che l’Unione europea si attacca al limite di budget che il primo ministro ha negoziato con successo l’anno scorso, e che è fondamentale per il controllo del costo della UE per la Gran Bretagna”, ha detto un diplomatico.

“La figura della Corte dei conti europea non pregiudica il soffitto corrente a lungo termine nel bilancio dell’Unione europea.”

Il buco nero della spesa è dietro in fase di stallo nei colloqui del bilancio UE per il 2015 e una richiesta alla Commissione per un 3.7billion sterline in più in spesa per quest’anno.

I deputati stanno spingendo un aumento dell’otto per cento a Bruxelles per la spesa del prossimo anno, del valore di £ 5.4billion per coprire impegni di spesa non pagati ad un costo aggiuntivo di £ 680.000.000. per il contribuente britannico.

Le richieste extra di soldi si aggiungono a polemiche su un supplemento UE di £ 1.7billion nel mese scorso mentre i contributi della Gran Bretagna aumentano a causa di una migliore performance economica dall’economia britannica rispetto alla zona euro.

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Bilancio UE: chi paga che cosa?,14 Nov 2014

Papa: ‘la burocrazia sta schiacciando l’Europa’,25 Nov 2014

Owen Paterson invita David Cameron a dire che avrebbe lasciato l’UE,24 Nov 2014

http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/eu/11255493/UK-faces-34bn-bill-for-blackhole-in-EU-budget.html

(TRADUZIONE AUTOMATICA)

REAZIONE:ASSEGNI IN BIANCO ORA,DOMANI E DOPODOMANI PER ALIMENTARE IL BUROCRATA INSAZIABILE DI BRUXELLES?E COSA ASPETTA CAMERON PER ANDARSENE DELL’UE?E DOVE E’ ANDATO A FINIRE IL NUOVO ORDINE FISCALE INTERNAZIONALE DA LUI E HOLLANDE PROMESSO ANCHE PRESENTATO AL G8 E PROPIZIATO PER L’ONU?

QUESTO SI CHIAMA IPOCRESIA,QUELLA STESSA IPOCRESIA CHE ESPRIME LA VISITA DEL CATTOLICO  TONY BLAIR,L’AMICO PERSONALE DI  CAMERON E DEI PAPI,PROPIO IN QUESTO MOMENTO.A FARE COSA CON RENZI?VEDI LE DUE PROSSIME NOTE.

BENE CORTE DI CONTI

PD:IL PAPA CONTRO LA BUROCRAZIA?E PERCHE NON CONTRO GLI ASSEGNI IN BIANCO CHE GLI EUROPEI TUTTI DOBBIAMO  TOGLIERE DI TASCA NOSTRA?NON SONO COSE DI DIVERSO COLORE.

http://youtu.be/SaMDjDpo0B4

 

-CAPITALISMO SELVAGGIO IN BRUXELLES 6

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Ecco chi finanzierà la banda ultralarga di Renzi

4 – 11 – 2014Valeria Covato

 
Ecco chi finanzierà la banda ultralarga di Renzi

Numeri, dettagli e incognite del piano del governo

Mentre le grandi aziende del settore sgomitano per posizionarsi sul mercato italiano delle telecomunicazioni, il piano di Renzi per lo sviluppo della banda ultralarga prosegue il suo iter. Inviato a Bruxelless, il documento strategico del governo è stato messo da qualche giorno in consultazione, al termine della quale sarà pubblicato nella sua versione definitiva da aggiornare semestralmente a partire dal secondo semestre 2015.

GLI ATTORI

La realizzazione del piano vedrà impegnati tutti gli attori, con alcuni distinguo del governo: “L’attore principale della presente strategia è il mercato che è chiamato a investire in un’infrastruttura ritenuta strategica per lo sviluppo del Paese. L’intervento pubblico è quindi solo sussidiario agli investimenti privati al fine di stimolarli”, si legge sul documento del governo.

OBIETTIVI E COPERTURA FINANZIARIA

Per massimizzare la copertura a 100 Mbps (“ultrabroadband” nel significato dell’Agenda Digitale Europea) dell’85% della popolazione e garantire a tutti i cittadini almeno 30 Mbps (fast broadband) sono stati messi sul piatto 6 miliardi di euro pubblici che andranno a sommarsi ai 2 miliardi di euro di investimenti privati dichiarati dagli operatori del settore nel triennio 2014-16.

LE RISORSE

Nel dettaglio saranno utilizzate risorse di natura regionale, nazionale e comunitaria provenienti dal Fers (Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale), dal Fears (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) e dal Fsc (Fondo Sviluppo e coesione).
Le risorse pubbliche stanziate corrispondono a 6,189 miliardi. Circa 2,4 miliardi giungeranno dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo europeo sviluppo rurale, i fondi strutturali Ue in larga parte destinati alle regioni meridionali. Altri 419 milioni arriveranno dal Piano Strategico Bul e 230 milioni dai programmi nazionali Fers. Il piano prevede inoltre che vengano stanziati “fino a 5 miliardi di euro per le infrastrutture di telecomunicazioni a partire dal 2017” per il tramite del Fondo coesione e sviluppo.

“Potranno concorrere al finanziamento della strategia – si legge sul documento integrale – anche il Fondo Junker ed economie/sinergie sviluppate da una gestione efficiente del Sistema pubblico di connettività”.

LE PRECISAZIONI DI BASSANINI SUL PIANO JUNCKER

Sul piano promesso dal presidente della Commissione europea Juncker per rilanciare la crescita dell’Europa occorre fare delle precisazioni: “Attenzione – ha detto il presidente di Cassa depositi e prestiti,Franco Bassanini, – non ci sono 300 miliardi di fondi pubblici nel piano Juncker”.
“Il piano – ha spiegato Bassanini – consentirà di mobilitare 300 miliardi di nuovi investimenti che secondo l’idea di Juncker si faranno creando le condizioni per gli investimenti privati, mettendo sistemi di garanzia che consentano di raccogliere più facilmente i finanziamenti bancari agli investitori e facendo intervenire la Banca europea degli investimenti”.

L’INTERVENTO DEI PRIVATI

L’impegno stimato degli operatori privati, concentrato nelle prime 482 città italiane, è per un investimento complessivo di poco inferiore a 2 miliardi di euro. “Modalità e intensità della partecipazione privata – si legge sul piano strategico del governo – saranno definite solo dopo l’esito della consultazione pubblica”.

LA SUDDIVISIONE IN BASE AL FABBISOGNO

Il documento del governo definisce poi nel dettaglio le soluzioni finanziarie individuate in base al relativo fabbisogno delle aree di intervento che sono state suddivise in 4 cluster.

“Per passare da 30 a 100 Mbps entro il 2020 nelle principali 15 città italiane (Cluster A) – specifica il testo del governo -, i privati dovranno investire, senza il concorso di finanziamenti pubblici, ma avvalendosi di misure di defiscalizzazione, circa 1 mld di euro per raggiungere 571mila edifici ancora non raggiunti a 100 Mbps, in cui risiedono circa 9,4 milioni di persone, ovvero il 17% della popolazione”.

Nelle 1.122 città (Cluster B) in cui risiede il 47% della popolazione dislocati in 4,5 milioni di edifici, sono necessari invece 6,1 mld di euro, anche di provenienza pubblica a debito e solo in minima parte a fondo perduto.

Per portare la banda ultralarga da 2 a 100 Mbps in circa 2.650 città in cui risiede il 22% della popolazione (Cluster C), dislocata in 3,5 milioni di edifici sono necessari invece 4,2 miliardi di euro, in parte di provenienza pubblica a debito e a fondo perduto.

Nel Cluster D, al quale appartengono circa 4.300 comuni, per portare la banda ultralarga da 2 a 30 Mbps coprendo 2,3 milioni di edifici in cui risiede il 15% della popolazione, è necessario infine 1 miliardo di euro, interamente pubblico a fondo perduto.

http://www.formiche.net/2014/11/24/banda-ultralarga/

 

-CAPITALISMO SELVAGGIO IN BRUXELLES 7

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Ecco il piano di Renzi per la Banda Larghissima

1 – 11 – 2014Valeria Covato

 
Ecco il piano di Renzi per la Banda Larghissima

Gli appetiti su Metroweb, le manovre di Telecom e Vodafone, il pensiero di Bassanini di Cdp e il documento del governo che ha messo in consultazione

Grandi manovre sulla banda larga. Aziende del settore, banchieri d’affari e istituzioni sono in azione.

IL QUADRO D’ASSIEME

Metroweb fa gola a Telecom, che è a un passo dal definire i contenuti di un’offerta non vincolante, e stimola l’appetito anche di Vodafone, che potrebbe approfondire i rapporti già esistenti con la società milanese della fibra. Il risultato della contesa sarà determinante per lo sviluppo della banda larga nel nostro Paese su cui si sta concentrando anche l’attenzione di Palazzo Chigi che ieri ha messo in consultazione pubblica il “Piano strategico nazionale per lo sviluppo della banda larga”, già inviato a Bruxelless.

TUTTI PAZZI PER LA FIBRA

I contenuti dell’offerta presentata da Telecom Italia per Metroweb, controllata dai fondi F2i (leggi qui chi sono i principali investitori del fondo oltre a Cdp e Intesa Sanpaolo) e Fsi Investimenti (holding per il 77% del Fondo strategico italiano di Cdp, e per il 23% di Kuwait Investment Authority), potrebbero essere svelati nel consiglio d’amministrazione in programma per oggi.

Telecom ha inviato una manifestazione di interesse per la quota detenuta da F2i in Metroweb (il 53,4%) dando esecuzione al mandato ricevuto dall’amministratore delegato Patuano a settembre. Ma come ha dichiarato il presidente di Metroweb, Franco Bassanini, la partita è ancora aperta e non è escluso che si arrivi presto a una gara, alla quale, anche il numero uno di Vodafone, l’ex manager di Rcs Vittorio Colao, ha fatto sapere di essere interessato a partecipare. Fino a che punto si spingeranno i due contendenti? L’interesse di Vodafone per Telecom potrebbe essere solo un’azione di disturbo – si legge oggi sul Sole 24 Ore – mentre secondo alcuni esperti di telecomunicazioni il gruppo inglese punterebbe invece ad un matrimonio con Fastweb.

GLI OSTACOLI

Debellata la concorrenza, nel suo cammino verso Metroweb, Telecom si troverebbe comunque ad affrontare i rischi antitrust già sollevati da alcuni politici di diversi partiti che hanno chiamato in causa sia la Consob che l’Antitrust.

IL PIANO DI RENZI

Mentre i grandi operatori di telecomunicazioni studiano come posizionarsi sul mercato italiano, il governo Renzi segue con attenzione, seppure indirettamente, il dossier Metroweb, in vista della realizzazione del piano strategico per la banda larga che punta a raggiungere nei prossimi 6 anni gli obiettivi infrastrutturali definiti con l’Agenda Digitale Europea.

GLI OBIETTIVI

Il piano punta a coprire entro il 2020 l’85% della popolazione con connettività ad almeno 100 mbps e il restante 15% a 30 mbps. Attualmente solo il 20% dei cittadini ha accesso ai 30 mbps, un dato che ci colloca 40 punti percentuali sotto la media europea.

GLI INVESTIMENTI

Per realizzarlo verranno messi sul piatto – dice il governo – 6 miliardi di euro in risorse pubbliche, con una quota consistente proveniente dai fondi strutturali europei, a cui andranno a sommarsi quelli del settore privato, stimati per circa 2 miliardi.

TECNOLOGIE AL SERVIZIO DELLA BANDA LARGA

Al fine di raggiungere gli obiettivi di velocità e penetrazione della banda larga l’Agenda digitale europea ha lasciato libere le nazioni di impostare un piano per conseguire gli obiettivi in modo aderente alla struttura del mercato e alla configurazione del territorio.

La realizzazione di impianti in fibra sufficientemente vicini al punto di fruizione del servizio, ovvero le soluzioni Fiber to the building (fino all’edificio) o Fiber to the home (fino all’unità abitativa), è riconosciuta come la soluzione in grado di assicurare ad ogni utente l’accesso ai servizi di rete a 100 Mbps. Ma “richiede costi ingenti sostenibili solo nelle aree a maggior potenziale di business dove sono concentrati i maggiori investimenti privati”, si legge nel piano del governo.

LA PARTECIPAZIONE DEI PRIVATI

Per definire  le modalità e l’intensità della partecipazione privata – è scritto nel piano strategico del governo – si dovrà attendere l’esito della consultazione pubblica. L’impegno stimato degli operatori privati concentrato nelle prime 482 città italiane è per un investimento complessivo di poco inferiore a 2 miliardi di euro.

SOLUZIONI INTERMEDIE

Gli investimenti necessari per il dispiegamento di nuove infrastrutture a fibra ottica hanno portato così il governo ad ipotizzare, nelle aree a bassa densità di domanda, uno sviluppo dell’architettura di rete che preveda l’impiego intelligente di una varietà di tecnologie di accesso.

Nell’attuazione del piano del governo riveste così un ruolo chiave, secondo gli scenari tecnologici esistenti, l’applicazione di tutta la gamma di tecnologie per la banda ultralarga, dal Fttb/h, attraverso Fttc (fibra fino all’armadietti), fino alle soluzioni radiomobili, Fwa (tecnologia di accesso fisso) e satellitari, per individuare l’opzione più efficace ed efficiente per raggiungere l’obiettivo dell’Agenda Digitale Europea 2, ovvero il 100% di copertura a 30 Mbps entro il 2020.

“Lo sviluppo della domanda, unitamente alle agevolazioni alla realizzazione delle opere civili e impiantistiche ed alla configurazione di un quadro regolamentare definito/certo e conciliante – si legge sul piano strategico – determinerà i tempi di ammortamento delle soluzioni intermedie (Fttc) e doserà la spinta verso il dispiegamento diretto o verso l’upgrade successivo delle soluzioni più profonde”.

http://www.formiche.net/2014/11/24/banda-ultralarga/

 

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Telecom, Vodafone e Cassa depositi e prestiti, tutti pazzi per Metroweb

9 – 11 – 2014Valeria Covato

 
Telecom, Vodafone e Cassa depositi e prestiti, tutti pazzi per Metroweb

Le avance di Telecom, l’interesse di Vodafone, gli auspici di Bassanini (Cdp) per un aumento di capitale e… Ricognizione aggiornata su un dossier seguito anche nei palazzi romani e non solo romani

L’interesse di Telecom per Metroweb, la società che gestisce la rete in fibra ottica a Milano, Bologna e Genova, e ha in progetto di espandersi in tutte le aree metropolitane italiane, non è una novità. Nuova è risuonata forse ad alcuni esperti del settore e al mondo politico la notizia di una manifestazione di interesse per la quota di maggioranza della società della fibra controllata dai fondi F2i e Fsi di Cassa depositi e prestiti, e ancor di più di una possibile offerta che Telecom avrebbe recapitato ieri per il controllo della società.

L’OFFERTA DI TELECOM

Come anticipato oggi da Mf/Milano Finanza e dal Sole 24 Ore, il gruppo guidato da Marco Patuano avrebbe quindi presentato un’offerta per il 53,8% di Metroweb detenuto da F2i.
Nella lettera con la quale sarebbe stato formalizzato l’interesse di Telecom per Metroweb vi sarebbe, secondo quanto scritto da Antonella Olivieri sul Sole 24 Ore, anche la cifra dell’offerta: “Si tratta di una cifra superiore ai 200 milioni, considerato che F2i, quando l’aveva rilevata, aveva valorizzato l’intera rete in fibra meneghina intorno ai 450 milioni”, scrive Olivieri.

I RISCHI ANTITRUST

Come sottolineato più volte da Formiche.net, MF/Milano Finanza ha rilevato inoltre che “l’operazione dovrà però superare lo scoglio dell’Autorità antitrust, che anche recentemente ha chiarito di non essere disposta ad assecondare operazioni contrarie alla concorrenza in un settore strategico come quello della rete in fibra e, quindi, dei servizi che si basano su questa infrastruttura”, si legge sul quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

LE REAZIONI DEL MONDO POLITICO

La notizia dell’offerta presentata da Telecom per l’acquisizione della maggioranza di Metroweb ha mandato in subbuglio i palazzi romani: molti esponenti politici hanno invocato a gran voce l’intervento dell’Antitrust e di Consob per evitare di mettere a serio rischio la competizione nelle telecomunicazioni fisse:
“Se fosse confermato quanto riportato oggi da due autorevoli quotidiani economici saremmo di fronte ad una situazione molto grave”, ha affermato il senatore del Pd Stefano Esposito.
“Sarebbe stata formulata, infatti, – ha aggiunto il senatore – un’ offerta con multipli superiori a quelli di mercato – e senza che si abbia avuto notizia dell’avvio di un procedimento aperto di gara”.

“Se l’ acquisizione andasse in porto ci troveremmo di fronte ad una concentrazione pericolosa per quello che, invece, dovrebbe essere un sano sviluppo del mercato delle telecomunicazioni fisse”, ha tuonato la collega del Partito democratico Cristina Bargero, componente della commissione Attività produttive della Camera. Secondo la parlamentare democratica “meglio sarebbe riprendere in fretta in mano l’idea di un’ operazione di sistema, che non pregiudichi il mercato e, anzi sia di stimolo alla crescita, agli investimenti ed alla concorrenza: una società della rete con i contributi di tutti gli operatori, Telecom inclusa”.

Preoccupazioni circa una possibile acquisizione della società leader della fibra in capo a Telecom sono giunte anche dalla Lega Nord che ha chiesto chiarezza: “E’ un’ operazione che coinvolge i cittadini e la libera concorrenza. Ho chiesto a Matteoli, presidente della commissione telecomunicazione del Senato di convocare con urgenza Metroweb, Telecom, la Consob, l’ antitrust e il sottosegretario Giacomelli”, ha dichiarato Jonny Crosio, capogruppo per la Lega Nord in commissione telecomunicazioni al Senato.  Anche secondo la Lega “serve subito un’ operazione di sistema, che sia di stimolo alla crescita, agli investimenti e alla concorrenza. Una società della rete – conclude Crosio – con i contributi di tutti gli operatori, Telecom inclusa”.

UNA CONTROFFERTA DI VODAFONE?

Il mandato all’ad Marco Patuano per trattare l’acquisto della partecipazione del fondo infrastrutturale (F2i) da parte del cda del gruppo presieduto da Giuseppe Recchi è giunto lo scorso 26 settembre.
Ma Metroweb è un fornitore di rete importante per tutti i maggiori operatori di telecomunicazioni tanto che anche Vodafone sta valutando una proposta, come scrive Repubblica.
Un possibile interesse da parte della società amministrata da Aldo Bisio a rilevare la quota di F2i in Metroweb per impedire che sia Telecom Italia a portare a termine l’operazione, e contrastare quello che sulla fibra potrebbe essere un colosso dominante, era già emerso ad inizio mese, mentre recentemente il numero uno di Vodafone, l’ex manager di Rcs Vittorio Colao ha fatto sapere di essere interessato a partecipare a una eventuale gara.

L’obiettivo di Vodafone potrebbe essere quello di andare oltre all’attuale partnership con Metroweb, grazie alla quale ha raggiunto con la formula Fiber to the home (fibra fino a casa) 300.000 abitazioni a Milano e siglato accordi per Bologna.

LE PRECISAZIONI DI BASSANINI

A ridimensionare l’allarme lanciato dalla politica è intervenuto il presidente di Cdp Franco Bassanini, in occasione della presentazione del Rapporto I-Com 2014 su Reti e Servizi di nuova generazione dell’Istituto per la Competitività presieduto da Stefano da Empoli:
“Metroweb potrebbe vedere dei cambiamenti nel suo azionariato. L’azionista di minoranza al 46%, Cassa depositi e prestiti, che si considera un investitore di lungo termine, ha intenzione di sollecitare un aumento del capitale per consentire una forte accelerazione degli investimenti pubblici. F2i, che è un investitore brownfield, ha un’altra logica e quindi ragionevolmente può essere interessato a cedere la sua partecipazione”, ha sottolineato Bassanini.
Ma “ci sarà una competizione, non è vero quanto è stato detto oggi. Le principali società sanno che dovevano prepararsi se erano interessate a fare delle offerte. Vincerà il migliore”, ha precisato il presidente di Cassa depositi e prestiti.

http://www.formiche.net/2014/11/19/metroweb-telecom-vodafone/

REAZIONE:IO RISIEDO A CREBBIO,FRAZIONE DI ABADIA LARIANA VICINO DI MANDELLO LARIO,A LECCO IN LOMBARDIA.CREBBIO E’ IN UNA ZONA DI MONTAGNE DI PIU DI 350 METRI DI ALTEZZA.QUINDI UNA ZONA DI DIFFICILE COPERTURA E RELATIVA SCARSA DENSITA DEMOGRAFICA E PER TANTO OFFRE POCHI STIMOLI PER GLI OPERATORI PRIVATI.QUANDO MI SONO ISTALLATO HO CHIESTO LA CONESSIONE DI BANDA LARGA.TELECOM HA SOLO 3G E IN QUEI POSTI ARRIVA POCO E MALE.NON HA ANTENNE SUFFICENTI.VODAFONE,UNA DITTA "INGLESE"(METTIAMOLA COSI QUESTA COSA) OFFRE UNA MIGLIORE COPERTURA IN QUANTO CERCA DI OCCUPARE CON QUALITA QUELLI POSTI CHE TELECOM POSSIEDENTE DEL QUASI MONOPOLIO LI LASCIA LIBERI.PERO TUTTO SOMMATO E’ UNA ZONA DI SCARSA COPERTURA DI BANDA LARGA.E SIAMO NEL PIENO NORD LOMBARDO VERO?ALLORA COME MAI RENZI FA QUESTO PIANO DIVIDENDO IL MERIDIONE DAL NORD IN BASE A DATI SECONDO QUESTA ESPERIENZA DUBBIOSI?ED E’ COSI CHE PRETENDE SUPERARE IL DIVARIO DIGITALE,IL COSI DETTO “DIGITAL DIVIDE”.E POI I FONDI DELL’UNIONE EUROPEA NON E’ CHE DOVEVANO SERVIRE PER LO SVILUPO DEL MERIDIONE?E INVECE CON RENZI VANNO A SERVIRE PER QUEL SVILUPPO CHE IL NORD NON HA E CHE LA PROPAGANDA PRETENDE FARCI CREDERE.MANCO QUESTO PIANO DI RENZI LO AVESSI PIANIFICATO LA LEGA NORD.ECCO COSA STA FACENDO RENZI E IL SUO GOVERNO GOLPISTA DELLE LARGHE INTESE.

MA NIENTE PAURA,QUESTO PIANO NON SI ATTUARA MAI E SI TRATTA DI UN’ALTRA DELLE MANOVRE PER STRAPPARE SOLDI DEI CONTRIBUENTI DELL’UNIONE EUROPEA PER ANDARE A INGROSSARE LE TASCHE DEI NEOLIBERALI.

PD:NON ESPRIMO NESSUNA PRFERENZA FRA TELECOM E VODAFONE CHE SI CONCENTRA ANCHE SUL NORD.

http://youtu.be/qE2oLDL-1aI

http://youtu.be/bRzKUVjHkGk
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