« Ouah, le@nytimes perd des milliers d’abonnés à cause de sa couverture très mauvaise et hautement imparfaite du “phénomène Trump” », écrit-il notamment. « Le@nytimes a envoyé une lettre à ses abonnés pour s’excuser de leur mauvaise couverture de ma campagne. Je me demande si ça va changer – j’en doute ? »
Lire aussi : De New York à Paris, l’onde de choc Trump se prolonge dans les médias
« Le@nytimes affirme aujourd’hui que DJT [Donald J. Trump] croit que “plus de pays devraient se doter d’armes nucléaires”. Qu’ils sont malhonnêtes. Je n’ai jamais dit ça ! », lance-t-il enfin. Le républicain avait en fait suggéré, en mars, dans le New York Times, que le Japon et la Corée du Sud se dotent de l’arme nucléaire face à la Corée du Nord. Mais, critiqué par Hillary Clinton, s’était ensuite rétracté en mai.
« Plus une source crédible »
Pendant la campagne, le républicain avait à plusieurs reprises qualifié les médias de « corrompus » et « malhonnêtes ». Il a estimé que le New York Times, soutien affiché de Hillary Clinton, était « vraiment dégoûtant », « injuste et partial », et qu’il « n’était plus une source crédible ». Vendredi, le directeur du quotidien Arthur Sulzberger a promis de couvrir « de manière juste » et « impartiale » la présidence de Donald Trump, ce que ce dernier a considéré sur Twitter comme des « excuses ».
Lire aussi : Selon Donald Trump, les manifestants sont « incités par les médias » à défiler contre lui
Selon l’extrait d’un entretien à CBS réalisé vendredi et diffusé dimanche, le républicain a en outre affirmé qu’il « allait devenir très modéré » sur Twitter. « Les réseaux sociaux ont davantage de pouvoir que l’argent qu’ils [ses adversaires politiques] dépensent », a fait valoir le milliardaire, qui leur attribue une part de sa victoire. « D’une certaine manière je l’ai prouvé. »
Lire aussi : Trump se cherche une posture de transition
Son conseiller – cité comme futur secrétaire d’Etat –, l’ex président de la Chambre des représentants Newt Gingrich a admis sur la même chaîne que le site de microblogging était « une technique qui permet de toucher 13 à 14 millions de personnes gratuitement et de contourner le New York Times ». Mais il a suggéré au futur locataire de la Maison Blanche, qui compte près de 14,9 millions d’abonnés, d’avoir « toujours un relecteur » avant de tweeter.
Donald Trump s’est aussi targué sur Twitter, dimanche, d’avoir été félicité par des républicains qui l’avaient auparavant critiqué, comme son ex-rival aux primaires Jeb Bush, ou encore le leader du mouvement anti-Trump, Mitt Romney, et l’ancien président George W. Bush, qui a voté blanc le 8 novembre. Il a enfin salué sur le réseau social ses partisans qui, avec les débats et ses discours, lui « ont donné la victoire ».
http:lemonde.fr/elections-americaines/article/2016/11/14/de-retour-sur-twitter-donald-trump-s-en-prend-au-new-york-times_5030557_829254.html
REAZIONE:TAGS
-SCUSE:IL NYT AMETTE L'IMPARZIALITA VERSO TRUMP E SI SCUSA
-I BUSH POLITICI:I FRATELLI BUSH SI CONGRATULANO CON TRUMP.ANCHE MITT ROMEY
LA NUOVA ERA NON FA POLITICA.TRUMP NON E' NUOVA ERA.
PD:TRUMP DICE CHE HA VINTO GRAZIE A TWITTER?NON E' VERO.
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15 NOVEMBRE 2016:TRUMP,PRIME NOMINE,IDEOLOGIA, STRATEGIA PROPAGANDISTICA,ED EUROPA:NON FARE DI TUTTA L'ERBA UN FASCIO
-SU LA REPUBBLICA:
huffingtonpost.it
Nel 2015 era considerato fra le venti persone più influenti nel campo dei media americani: oggi potrebbe sfiorare tranquillamente le prime posizioni. Eppure Stephen Bannon, nominato chief strategist e consigliere "anziano" di Donal Trump alla Casa Bianca, per molti è ancora un personaggio semi sconosciuto. Adesso però, con un balzo in avanti notevole, questo conservatore di ultra destra che ha un passato nell'esercito e nelle produzioni hollywoodiane, potrebbe cambiare radicalmente il volto della nuova America, e perfino quella dell'Europa.
Sessantadue anni, divorziato e risposato, un passato sulle portaerei americane. Poi manager di Goldman Sachs, produttore a Hollywood, imprenditore, speaker radiofonico e oggi conosciuto ai più come presidente di Breitbart news (ma ne sta uscendo a livello di quote), uno dei siti di informazione più criticati del globo.
Criticati dall'America clintoniana e democratica, ma anche dal resto dei media Usa: Breitbart è infatti un sito che rispecchia la visione di Bannon, anti-establishment, di ultra destra, con titoli aggressivi e spesso fuorvianti, capaci di soddisfare il palato dell'America bianca, ultranazionalista e, scrivono i suoi detrattori, "xenofoba e razzista". Con notizie, come quelle sulla salute della Clinton, o di aggressioni da parte di Michelle Obama, esasperate al massimo per il piacere dei suoi lettori.
In realtà, se per certe trovate ad effetto assomiglia a un Dagospia italiano, per altre Breitbart è diventato un punto di riferimento per buona parte dell'America che ha deciso di eleggere Trump neo presidente degli States. Di "The Donald", del resto, Bannon è stato l'ad della campagna elettorale fin dai primi giorni. Addirittura, era fra le ipotesi, Bannon poteva essere eletto come "chief of staff" della White House, ruolo per cui è stato poi scelto Reince Priebus, 44enne presidente del partito Repubblicano.
Ma perché Bannon ora fa tanta paura agli avversari politici di Trump? Perchè Bannon, dopo l'elezione del tycoon, sta pensando a espandere il suo pensiero, quello raccontato attraverso il sito conservatore di Breitbart.
Una nuova redazione sarà presto aperta a Washington per seguire da vicino la Casa Bianca ma, per poter creare un pacchetto che dia voce a tutti i movimenti anti-establishment e spesso considerati "di destra" del resto del mondo, Bannon sta guardando anche all'Europa e all'Africa. Da mesi titoli vengono dedicati alle gesta della Le Pen in Francia (che è già stata "sponsorizzata" fortemente da Breitbart), dell'Ukip di Farage in Gran Bretagna e dai pro Brexit, dell'Alternative per la Germania (AFD), il PVV in Olanda e sì, anche dell'M5s in Italia (vedi l'elezione della Raggi a Roma) o della Lega.
Laddove ci sono movimenti, meglio se ultranazionalisti, Bannon trova terreno fertile. Per questo Breitbart potrebbe aprire versioni anche in Francia, Cairo, Inghilterra. E continuare a cavalcare l'onda, trovando riscontri. Del resto, come sottolineano alcuni media americani, nella notte delle elezioni Breitbart è stato determinante sui social network: il numero di iterazioni legate agli articoli del giornale è stato maggiore rispetto a quello di Fox news, Cnn o Nyt per esempio.
Chi lavora al giornale nega che ora Breitbart diventerà una sorta di "Pravda" per Trump e promette che continuerà a pubblicare articoli che parleranno, "nel bene o nel male", di come si muove l'America. Anche criticandola. I detrattori di Bannon e Trump sostengono il contrario, che "non ci saranno critiche". Per scoprirlo, dovremo aspettare che Bannon scopra le sue carte.
PRIEBUS - Altro discorso invece per la nomina del presidente del partito Repubblicano a capo dello staff. Proprio il fatto che la scelta sia ricaduta su di lui, e non Bannon, indica un segnale di distensione, una scelta più rassicurante per la stabilità ed esperienza della futura squadra di governo Trump. Il capo di gabinetto, come Bannon, è stato elogiato dallo stesso The Donald.
"Steve and Reince sono leader qualificati che hanno lavorato bene assieme nella nostra campagna e ci hanno condotto a una vittoria storica - ha fatto sapere Trump - Adesso li avrò entrambi alla Casa Bianca per fare l’America di nuovo grande".
http:huffingtonpost.it/2016/11/14/bannon-breitbart-trump_n_12954886.html?utm_hp_ref=italy
huffingtonpost.it
Se uno dei metri più importanti per misurare quanto Silvio Berlusconi creda nelle battaglie politiche, anzi il metro per eccellenza, è la televisione, allora quel che è accaduto nelle ultime ore certifica il sostanziale disimpegno dell’ex premier in questa pugna referendaria. Il suo NO così tiepido da sembrare finto e comunque innocuo alle riforme renziane. È accaduto che sono state disdette ben quattro trasmissioni televisive in ballo per questa settimana, annunciata come la settimana del ritorno in campo. Trasmissioni nelle quali era prevista la partecipazione dell’ex premier: faccione di Berlusconi e titolo “Il mio no alla riforma”.
A partire, ça va sans dire, da Porta a Porta, che doveva essere registrata secondo l’agenda dell’ex premier martedì alle 18 o al massimo mercoledì alla stessa ora. Lo stesso è accaduto per l’Arena di Giletti, per In Mezz’ora, e per Matrix. Alcuni di quelli attorno spiegano che è stata una decisione imposta dal professor Alberto Zangrillo e dall’avvocato Niccolò Ghedini perché tre settimane di campagna elettorale procurano “troppo stress”. Altri, sempre di quelli che vivono con lui, raccontano che “decisivi sono gli ultimi dieci giorni, non venti, per spostare gli indecisi e che ora è presto ma l'ultima settimana andrà in tv”.
Finite le frasi di circostanza capisci che il motivo vero è un altro. E cioè che prima di esporsi ed esporre, assieme al suo faccione in tv, interessi aziendali e questioni giudiziarie (a dicembre riprende il Ruby ter), il Cavaliere vuole capire che succede. E, soprattutto, cosa gli viene in tasca. È chiaro che, nel suo cuore, Berlusconi tifa no, perché tornerebbe al centro della scena, ma i sondaggi – quelli veri – dicono che la partita è tutt’altro che chiusa. Dunque, si dice il vecchio giocatore più attento agli interessi che ai valori costituzionali: aspettiamo e, nel caso in cui, grazie a due comparsate tv all’ultimo momento acquisiamo il diritto di stare al tavolo dei vincitori, vediamo che possiamo incassare.
L’altro giorno, uno che lo conosce bene come Angelino Alfano ha condiviso, in un pranzo con i suoi, qualche confidenza. E ha raccontato di come il pressing di Verdini sia sempre più insistente: “Denis dice che dobbiamo stringere su un patto, prima che Berlusconi si accordi direttamente con Renzi”. Già, perché in un mix di calcoli politici e di intrecci psicologici, il Cavaliere sogna un accordo di governo il minuto dopo, anche in un governo guidato proprio da quel Renzi che lui non attacca e le sue televisioni coccolano. Proprio al termine della manifestazione di Firenze, Matteo Salvini si è soffermato su questo aspetto parlottando con qualche parlamentare: “Le strade tra noi e Berlusconi – dice uno di loro – si divideranno dopo il referendum. Perché se vince il no noi vogliamo andare a votare, lui in nome della legge elettorale favorirà la nascita di un governo”.
Tutto questo e tutto il resto - le miserie di Forza Italia, fatte di una campagna elettorale squattrinata, di sale che al massimo occupano duecento persone, di Toti e Parisi che baccagliano come comari – si spiega col solito groviglio, anche psicologico appunto, di chi non immagina una prospettiva per il suo partito dopo di sé. Perché in fondo il Cavaliere è anche questo, nel suo narcisismo. Si lamenta di “quel Parisi” che ha dimostrato di non avere pathos, quid, che non ascolta e non coinvolgere, di Toti che, dopo aver ricevuto lo stipendio da Mediaset, si permette anche di comportarsi non come un dipendente, si lamenta anche guardando lo sfascio attorno, ma in fondo le macerie sono la conferma che dopo di lui ci sarà il diluvio e che solo con lui si vinceva: altri non avranno le sue folle e il suo potere.
Folle e potere, i cui ricordi creano malinconie e suggestioni, come quando quest’estate scorrevano le immagini del terremoto di Renzi tra le macerie di Amatrice il ricordo andava alla foto con Obama tra le macerie dell’Aquila. Nelle ultime ore gli è venuta anche un po’ di invidia per la vittoria di Trump compensata poi dal pensiero che con Trump c’è un amico in comune, Vladimir Putin. Per la serie: così tornerò grande. Nell’attesa si accontenterebbe dello strapuntino di una legge proporzionale in cambio del suo no, così tiepido da sembrare finto.
http:huffingtonpost.it/2016/11/14/berlusconi-referendum_n_12962830.html?utm_hp_ref=italy&utm_hp_ref=italy
REAZIONE:HO AVUTO RAGIONE,DOPO TUTTO SONO MEDICO,BERLUSCONI NON E' IN GRADO PSICO-FISICO DI REGGERE NESSUNA ATTIVITA POLITICA SOSTENUTA.E POI E' ANCHE POLITICAMENTE INOQUO.
AUGURIAMOLI A BERLUSCONI GUARIGGIONE PRESTO,LE 28 RAGAZZE DEL RUBY TER NE HANNO BISOGNO:PECUNIA NON OLET.MA BERLUSCONI FARA,ANZI HA GIA FATTO,LA FINE DI BILL CLINTON,SBUGGIARDATO E RIFIUTATO DAL SUO POPOLO.
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15 NOVEMBRE 2016:OBAMA,UN AMERICANO NELLA VECCHIA EUROPA
-TITOLARE LA REPUBBLICA:
Obama, ultimo messaggio alla Ue
"Austerità da sola non dà crescita"
Juncker: "Non sono un fanatico dei vincoli"
Bruxelles verso un sì condizionato ai conti italiani
Video L'arrivo ad Atene, prima tappa del tour europeo
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=pf0pSWaa820&w=560&h=315]
-IL GIORNO DOPO:RENZI E' FINITO,L'ECONOMIA NON LO PROMUOVE
3 NOTE SU LA REPUBBLICA
-NOTA 1:JUNKER NON E' FANATICO DELL'AUSTERITA MA........
Juncker: non sono un fanatico dell'austerità
Il presidente della Commissione ha parlato in una intervista radiofonica in cui citava il bilancio belga. E su Trump: "Ci vogliono due anni, come per tutti gli altri presidenti che lo hanno preceduto" . 15 novembre 2016 . Juncker: non sono un fanatico dell'austerità
(ansa) MILANO - "Non sono un fanatico dell'austerità cieca", così il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, rispondendo a una domanda sul bilancio belga. "La Commissione - ha detto - è un facile capro espiatorio ma non è l'Europa responsabile dell'alto debito pubblico belga". "Il Belgio - ha aggiunto - fa piuttosto bene ma ha il livello d'indebitamento più alto dopo Grecia e Italia, quindi bisognerà vigilare. In ogni caso il governo belga è apertamente pro europeo, quindi nessuna preoccupazione".
Juncker è anche tornato sulle dichiarazioni di pochi giorni fa, quando aveva detto che Trump "ci farà perdere due anni prima di capire l'Europa", suscitando critiche internazionali. Parlando alla radio belga Rtl, il presidente della Commissione ha ricordato di avere esperienza "con tutti i presidenti Usa da George Bush: ho conosciuto Clinton, ho conosciuto Obama e ci mettono due anni per scoprire la realtà europea nella sua interezza, perché la relazione transatlantica non è la loro priorità. Quando debuttano nel loro mandato, la prima preoccupazione è la politica interna".
E ancora: "La campagna elettorale di Donald Trump è stata "disgustosa" e non ha certamente rappresentato "un'ora di gloria per la democrazia americana". E' il parere "tranchant" del presidente che ha ammesso di "essere preoccupato se, pensando male, mi immagino che il presidente Trump metta in pratica tutto quello che ha detto durante la sua campagna elettorale". "Mi interrogo sulle sue reali intenzione riguardo all'Alleanza atlantica - ha aggiunto riferendosi all'intenzione espressa da Trump di disimpegnarsi dalla Nato - mi interrogo sulla politica commerciale che vuole attuare, sulla tentazione di un'isolazionismo che non è nell'interesse degli Stati Uniti nè dell'Europa".
http:repubblica.it/economia/2016/11/15/news/juncker_non_sono_un_fanatico_dell_austerita_-152040267/?ref=HRER3-1
-NOTA 2:ABBANDONA L'AUSTERITA MA......
-SU LA REPUBBLICA:
La Ue abbandona l'austerità e per la manovra di Roma arriva l'ok condizionato
Domani arrivano le valutazioni sulla legge di Bilancio ma l’ipotesi di procedura resterà sospesa fino all’inizio del 2017. Ci sarà solo una richiesta di chiarimenti su spese per migranti e terremoto
di ALBERTO D'ARGENIO
E’ pronto il via libera europeo alla manovra, anche se condizionato. Dopo le polemiche delle ultime settimane tra Juncker e Renzi, domani la Commissione Ue indicherà che la Legge di Bilancio potrebbe non rispettare le regole europee su debito e deficit, ma sospenderà il giudizio fino a inizio 2017 dando al governo il tempo di superare il referendum e allungando i termini del negoziato con Roma. Ma oltre alle pagelle sulle manovre dei singoli paesi, la Commissione su iniziativa politica di Juncker pubblicherà una comunicazione di diciotto pagine con la quale se non decreta la fine dell’austerity, quanto meno ne chiede una moratoria per il biennio 2017-2018 e attacca le scelte economiche del governo Merkel.
Partendo dall’Italia, la pagella di Bruxelles sulla manovra (in linguaggio tecnico, “l’opinione”) non chiude la partita ma al momento è tutto sommato positiva. La finanziaria 2017 di Renzi non viene bocciata e per ora non ci sono richieste esplicite di manovre aggiuntive. C’è però l’indicazione di un risk of non- compliance, ovvero il rischio che il bilancio non rispetti le regole europee. Per questo il giudizio finale è rimandato a inizio 2017 e nel frattempo si chiedono ulteriori chiarimenti sulle coperture e saranno verificate ancora più a fondo le spese per migranti e terremoto che l’Italia chiede di non contare nel deficit.
In sostanza, Roma nel 2015-2016 ha beneficiato di 19 miliardi di flessibilità ma nel 2017 avrebbe dovuto far scendere il deficit dal 2,4% del Pil del 2016 all’1,8% promesso lo scorso maggio da Padoan (cifra che già beneficiava di uno sconto sul risanamento dello 0,4%, quasi 7 miliardi). Ma Renzi per via della crescita deludente e delle circostanze eccezionali come rifugiati e sisma, ha deciso di fermarlo al 2,3%, cifra che secondo i calcoli europei, fatti su parametri più rigidi, è addirittura del 2,4%. Ergo, nel 2017 l’Italia non risana minimamente il deficit e il debito anziché calare, come promesso, salirà ancora al 133,1%. Ma la Commissione di Jean-Claude Juncker, nonostante le polemiche dettate dalla convinzione di essere ingiustamente bersaglio delle critiche di Renzi, vuole aiutare l’Italia, tenendosi però le mani libere per affrontare qualsiasi scenario politico post referendum. Così si indicherà il rischio di non- compliance e intanto il negoziato sottotraccia prosegue.
Al momento la Commissione è pronta a concedere all’Italia uno sconto di oltre tre miliardi sul risanamento rispettivamente per migranti (Renzi ne chiedeva 4,2) e sisma (la richiesta era 4,8). Ma riconosce un errore nei criteri per il calcolo delle spese consentite che incidono sui target del risanamento ( expenditure benchmark) che regala all’Italia circa 3,4 miliardi di ossigeno (0,2%).Non basta, stando ai nuovi conti della Commissione, per centrare l’obiettivo mancano comunque circa altri 3,5 miliardi. Se da un lato Bruxelles dopo il referendum si aspetta una leggera correzione in Parlamento della manovra, dall’altro è pronta a concedere ancora qualcosa su migranti e terremoto in modo da far quadrare i conti. Se tutto andrà per il meglio, a inizio 2017 la Commissione scriverà l’atteso rapporto per la violazione della regola del debito (articolo 126.3) e lo cestinerà grazie alle circostanze eccezionali riconosciute al governo. Altrimenti aprirà una procedura d’infrazione e l’Italia sarà di fatto commissariata.
Ma la scelta di Bruxelles di tenere Roma sulla corda e di indicare uno scostamento rispetto all’obiettivo che deciderà se perdonare solo a gennaio, ha anche un significato politico: tenersi le mani libere per ridimensionare Renzi nel caso dopo una vittoria del Sì il premier decida di sfidare apertamente l’Europa sui conti. Ma sopratutto l’intenzione è di poter gestire con la minaccia di una procedura di infrazione la transizione e la nascita di un nuovo governo nel caso di vittoria del No e dimissioni di Renzi (tanto più in uno scenario in cui lo spread torna a volare).
Tuttavia l’atteggiamento di Bruxelles sui conti è decisamente cambiato, visto che l’Italia con una manovra come quella in discussione in altri tempi sarebbe stata sonoramente bocciata. E lo testimonia anche il documento che domani - nonostante l’opposizione dei falchi - sarà approvato sempre dalla Commissione che segna una svolta nella politica economica dell’eurozona. Towards a positive fiscal stance for the euro area, è il titolo. La squadra di Juncker - che ha già introdotto la flessibilità nel 2014 - spiega che l’austerity 2011-2013 (a Bruxelles c’era Barroso) è servita a salvare diversi Paesi dal default ma «ha danneggiato la crescita ». Ora la politica di bilancio ( fiscal stance) viene giudicata neutra, anche se «per rinforzare la ripresa ed evitare la trappola della bassa crescita e bassa inflazione serve una politica di bilancio più espansiva». D’altra parte la sola politica monetaria della Bce non è in grado di rilanciare il reddito dell’eurozona. Per questo nel 2017 lo 0,5% del Pil dell’area euro dovrebbe essere usato per rilanciare l’economia (cifra mediana tra un minimo dell’0,3% e un massimo, desiderabile ma inviso a diversi governi rigoristi, dello 0,8%). Naturalmente questa politica espansiva dovrebbe essere accompagnata dalle riforme e non potrebbe essere effettuata in tutti i paesi allo stesso modo. Chi ha un alto debito dovrebbe essere più cauto, mentre chi ha il bilancio in ordine dovrebbe spendere di più (invece, nota Bruxelles, paradossalmente oggi avviene esattamente l’opposto). La Commissione fa anche i nomi, indica l’Italia tra i paesi che dovrebbero andarci piano anche se riconosce che nel breve periodo per Roma, Parigi e Madrid un po’ di spazio fiscale sarebbe utile, anche se poi dovrebbero riprendere a risanare. Chi invece dovrebbe spendere di più per rilanciare i consumi e l’economia europea, nonché mondiale, per la Ue sono Germania, Olanda, Estonia, Malta e Lussemburgo.
-NOTA 3:IL GIORNO DOPO,"LO STATO SONO IO",LA FUGA IN AVANTI DI RENZI
-SU LA REPUBBLICA: Veto italiano sul bilancio Ue. Renzi: "Non costruiranno muri con i nostri soldi"
Il sottosegretario Gozi a Bruxelles spiega la riserva italiana: "Siamo stanchi di un'Europa che dice alcune cose e poi non le fa. E senza il nostro accordo il riesame del bilancio multiannuale non può essere adottato perché richiede l'unanimità. Chiediamo più finanziamenti per immigrazione, sicurezza, disoccupazione giovanile e ricerca" 15 novembre 2016
Veto italiano sul bilancio Ue. Renzi: "Non costruiranno muri con i nostri soldi"
Il premier Matteo Renzi e il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi (ansa) MILANO - L'Italia ha "confermato la riserva", che si può tradurre in un 'antipasto di veto', alla proposta di compromesso fatta dalla presidenza slovacca per la revisione del bilancio pluriennale (2014/2020) dell'Unione europea. Un documento che l'esecutivo italiano non considera accettabile perché mancano garanzie per l'aumento di risorse "a favore delle nostre priorità": immigrazione, sicurezza, disoccupazione giovanile o programmi per la ricerca.
"Nella giornata di oggi, come avevamo annunciato, abbiamo messo il primo veto nella discussione sul bilancio a Bruxelles. Lo ha fatto il sottosegretario Gozi a mio nome a Bruxelles" ha confermato il premier Matteo Renzi alla cerimonia di inaugurazione della 'Torre Biologica Ferdinando Latteri' dell'università di Catania.
Una posizione maturata negli ultimi tempi e illustrata poco prima da Gozi, a margine del Consiglio Affari Generali a Bruxelles. E ancora il premier: "Non accettiamo che con i nostri soldi all'Unione Europea si alzino i muri".
Nel pranzo dei ministri a porte chiuse l'Italia ha "tenuto con coerenza la sua linea", ha spiegato il sottosegretario agli Affari europei. "Quindi - ha continuato Gozi - abbiamo confermato la nostra riserva sull'adozione del riesame del bilancio multiannuale, che senza l'accordo dell'Italia non può essere adottato perché richiede l'unanimità". Parlando pochi giorni fa alla trasmissione Che tempo che fa, Renzi aveva spiegato la posizione dell'Italia richiamando i dissidi con alcuni Paesi europei (era stata citata l'Ungheria) sulla gestione dei flussi di migranti e sulla chiusura delle barriere, che si contrappone allo sforzo italiano di soccorsi nel Mediterraneo. "Visto che siamo contributori del bilancio europeo e che siamo impegnati da soli a gestire l'emergenza nel Mediterraneo", aveva spiegato il premier intervistato da Fabio Fazio, "non possiamo permettere che altri Paesi utilizzino i fondi europei per costruire muri".
Oggi, Gozi ha dettagliato ulteriormente la scelta italiana. "Lo abbiamo fatto perché riteniamo che sia una proposta su cui dobbiamo avere ancora molte garanzie sul reale aumento a favore delle nostre priorità: immigrazione, sicurezza, risorse europee per i giovani (siano per la lotta contro la disoccupazione o l'Erasmus), i programmi di successo come Horizon2020 cu cui non possiamo assolutamente accettare dei tagli, e la flessibilità del bilancio europeo per una maggiore capacità di reagire alle crisi. Su tutto questo non ritenevamo che fossimo arrivati ad un compromesso accettabile e quindi abbiamo confermato che l'Italia si oppone al riesame del bilancio multiannuale". Alla domanda se si tratti un veto, Gozi risponde: "Il veto si pone in una votazione formale. Oggi non c'era una votazione formale, quindi la dizione non è 'veto' ma 'riserva' e noi abbiamo posto formalmente la nostra riserva che la presidenza slovacca annuncerà".
La notizia si intreccia con il giudizio europeo sulla legge di Bilancio italiano: come ricostruito da Repubblica in edicola stamane, da parte di Bruxelles si va verso una mano tesa con l'ok (con riserva) alla Manovra. Sul punto, Gozi si è detto "molto tranquillo dell'opinione ampiamente favorevole" da parte della Commissione, che dovrebbe essere ufficializzata domani. Più duro su altre considerazioni: "Noi non siamo né nazionalistiné populisti. Noi però siamo molto stanchi delle ambiguità e delle contraddizioni europee. Siamo molto stanchi di un'Europa che dice alcune cose e poi non le fa. Siamo molto stanchi di un'Europa che è piccola con le cose grandi e grande con le cose piccole. E noi siamo convinti che, se l'Europa non cambia, siamo di fronte all'inizio della disintegrazione europea
http:repubblica.it/economia/2016/11/15/news/veto_italiano_sul_bilancio_ue_servono_piu_risorse_per_immigrazione_e_disoccupazione_-152066065/?ref=HREA-1
REAZIONE:SE L'UNIONE EUROPEA ERA PRONTA A CONCEDERE PERCHE RENZI HA FATTO QUESTA MOSSA DISPERATA?FORSE INCCORAGIATO DALLA PRESENZA DI OBAMA IN EUROPA E LA SUA RICHIESTA DI MENO AUSTERITA HA FATTO QUESTA IRRESPONSABILE MOSSA CONSAPEVOLE CHE NON SOPRAVIVERA AL REFERENDUM.ED E' UNA MOSSA IRRESPONSABILE PERCHE APROFITTA DI UN POTERE NEGATIVO,IL PESO DEFICITARIO DI UNA ECONOMIA ITALIANA GRANDE NEL CONTESTO EUROPEO CHE CERTAMENTE NON LA METTERA MEGLIO NEL DOPO RENZI MA PER LUI LO STATO E LUI E DOPO LUI IL DILUVIO.
E' IRRESPONSABILE PERCHE COMUNQUE SIA NON HA NESSUNA POSSIBILITA DI PROPSPERARE QUESTO RICATTO ALLO STILE BOSSI-BERLUSCONI-KADAFY.NON C'E L'HA TRA L'ALTRO PERCHE COME DETTO L'INFLUENZA DI OBAMA ORMAI E' SOLO SIMBOLICA E TRUMP FORTE DEL BREXIT DEGLI SPRECHI EUROPEE NON NE VUOLE SAPERE NIENTE.
INSOMMA UN TRIPLO COLPO PER L'ECONOMIA DELLE TASCHE DI CERTE ITALIANI:IL BREXIT,IL TRIONFO DI TRUMP E LA MANCATA FIDUCIA DELL'UE CHE DOPO TUTTO NON E' COLPEVOLE DEI GUAI ECONOMICI ITALIANI,DELLA MANCATA CRESCITA INSOMMA.
SE A QUESTO GRAVISSIMO STATO DELL'ECONOMIA ITALIANA GLI AGGIUNGIAMO UN'ALTRA PERDITA DI FIDUCIA,QUELLA DEI MERCATI,POTREBBE DIRSI CHE SE NE VADA O NO DOPO IL REFERENDUM LA SUA CARICA RISULTA INSOSTENIBILE.VADA VIA AL PIU PRESTO E NON METTA IN PIU GUAI GLI ITALIANI.AH..MURI O NON MURI(SOLIDARIO COL PAPA E CONTRO TRUMP)I SOLDI NON SONO SUOI MA DEGLI ITALIANI:VIA DA CASA NOSTRA.VOGLIAMO PANE NON LIRISMO...... MURI NON POEMI [youtube https://www.youtube.com/watch?v=YR5ApYxkU-U&w=560&h=315]
500 DOPO [youtube https://www.youtube.com/watch?v=jJOkve4IuII&w=560&h=315]
-ECCO COME VERAMENTE LA VEDE L'UE
-SU LA STAMPA:
lastampa.it
«L’Europa rischia la fine se le regole che gli Stati si sono date non sono rispettate e perdono di credibilità». La voce che rompe il silenzio a cui Bruxelles s’è votata sulle questioni italiane è imbevuta di asprezza. Suona irritata per il campionato di braccio di ferro a cui il governo Renzi sta costringendo le istituzioni europee sui numeri della manovra. I pochi che parlano si sentono traditi e confessano che «Roma non ci sta aiutando ad aiutarla». Così, ora, potrebbe succedere di tutto.
«Con voi abbiamo usato ogni margine di flessibilità», assicura un pezzo grosso di casa Ue, un po’ seccato, un po’ deluso. Il premier, protesta, «va in giro a dire che per colpa nostra non costruirà le scuole di Amatrice». La realtà, giura, è un’altra. È che «sulle spese d’emergenza non ci saranno problemi», perché «il nodo è una manovra che, così come l’hanno presentata, solleva una serie di interrogativi, quasi tutti strutturali».
C’è chi si chiede prima se questo duello sia davvero necessario e poi domanda lumi su come vanno i sondaggi pre-referendari. E chi prova a sdrammatizzare riciclando una vecchia barzelletta sulla Russia sovietica per dare l’idea dell’umore con cui viene letto il caso italiano. Racconta di un maestro elementare che domanda agli alunni «quanto fa 44 più 44?». Uno alza la mano e risponde «133». Il vecchio insegnate sbuffa. Replica che «no, 44 più 44 fa 88» e che «potrebbe fare 87 oppure 89, ma comunque mai 133». Il senso della battuta della fonte europea è che il deficit strutturale nazionale (quello al netto del ciclo e delle una tantum) dovrebbe «migliorare dello 0,6», che potrebbe anche «fare 0,1, ma non crescere dello 0,4 o dell’1,6».
La storia è rivelatrice dei dubbi tecnici europei. L’esame della manovra inviata a Bruxelles fissa al 2,3% l’obiettivo per il deficit 2017, un decimo in più rispetto al 2,2 su cui ci si era accordati. «Poca roba dal punto di vista contabile», assicurano le fonti, anche perché è sostanzialmente scontato che - cent più, cent meno - la parte di fabbisogno legata alle maggiori uscite per il terremoto e i migranti salvati nell’indifferenza generale verrà sdoganata senza malanimi. L’incognita vera è la solidità strutturale del decreto fiscale. Le coperture. Troppe “una tantum”, troppe entrate-scommessa, troppo aleatori i numeri su privatizzazioni, lotta all’evasione, voluntary disclosure, tagli di spesa, tutte cose che potrebbero non succedere come previsto e, quindi, «corrono il rischio d’imporre correzioni».
Da mesi la Commissione Ue, che arbitra il coordinamento della politica economica continentale e vigila sul rispetto degli impegni assunti dalle capitali, ha deciso di dare una mano all’Italia. In effetti, dal vertice di Ypres del 2014 a oggi, Roma ha avuto più margini di maggiore flessibilità di tutti (19 miliardi). Nonostante ciò, ha continuato a chiedere eccezioni e urlare contro l’austerity, rimettendo sempre in gioco le assicurazioni date. Il pareggio di bilancio, per dirne una, è slittato di tre anni, con decisioni che hanno sempre messo Bruxelles davanti al fatto compiuto. Sono cose che non piacciono al Team Juncker, come all’Eurogruppo, che nutrono la sensazione d’aver di fronte un interlocutore che sfrutta la benevolenza per non realizzare quello di cui avrebbe bisogno.
La questione è anche politica. «Talvolta penso che l’Italia non si renda conto di avere ventisette partner», punge una fonte diplomatica di un grande paese. Il senso della frase lo illustrano in Rue de la Loi. «Chi glielo dice agli spagnoli, che hanno fatto riforme con la Troika in casa, che all’Italia si concede il credito che a loro non abbiamo dato?». Si può arguire che la Francia è pure renitente agli impegni; la risposta è che Parigi è in procedura e Roma no. Questo non toglie che la Commissione vorrebbe sostenere l’Italia e tuttavia c’è un limite oltre il quale non può spingersi: la suscettibilità degli altri paesi.
«Vogliamo continuare a dialogare», è la formula che meglio unisce ufficialità e verità del pensiero comune a Bruxelles, dove la parole di Padoan a «Repubblica» sono state davvero mal digerite. Il Team Juncker è consapevole del rischio referendario, preferisce Renzi a ogni alternativa provvisoria che si potrebbe profilare se il governo cadesse. Teme però la debolezza italica. «Ho paura del momento in cui i tassi cominceranno a salire - concede un pezzo grosso dell’Unione -, vi trovereste in grossissimi guai». Pensa agli oneri aggravati per servire il debito, ai conti che potrebbero sballare, all’instabilità che ne deriverebbe, al possibile effetto domino che potrebbe scattare una volta che si terminerà l’acquisto di bond da parte della Bce. Renzi e Padoan tutto questo lo sanno benissimo. I contatti fra Roma e Bruxelles sono continui e quando, stasera, arriveranno in via XX Settembre le domande della Commissione ci sarà poco da essere sorpresi. Ai piani alti di Palazzo Berlaymont, dove si preferirebbe non mettere piede nella contesa elettorale, ci si chiede però come reagire davanti al «dubbio» che il premier cerchi lo scontro con l’Europa perché crede che possa garantirgli consensi referendari. Avrebbero voluto negoziare col Tesoro una via morbida per rinviare ogni giudizio a dopo il 4 dicembre. Le circostanze complicano il quadro e impongono creatività diplomatica. Al posto di un percorso negoziale coordinato si è finiti in un duello che rende le soluzioni più ponderose e gli scenari di crisi, anche i peggiori, meno improbabili.
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http:lastampa.it/2016/10/24/economia/lirritazione-di-bruxelles-leuropa-rischia-la-fine-non-rispettando-le-regole-XZFpdaRaY4pgmm3Th05Y5J/pagina.html
-IL DOPO BLOCCO DI RENZI
1-NIENTE BLOCCO
MALGRADO QUESTA FANFARRONATA DEL BLOCCO L'UE DECIDE ANDARE AVANTI COMUNQUE E PRESCINDERE DI RENZI.VEDIAMOLO SU LA STAMPA:
lastampa.it
L’Italia ha deciso di bloccare la revisione di medio termine del bilancio pluriennale dell’Unione europea per il 2014-2020. Lo ha annunciato a Bruxelles il sottosegretario agli Affari Europei Sandro Gozi. «Bloccata la revisione del bilancio Ue», ha scritto su Twitter. «Noi non siamo né nazionalisti né populisti. Noi però siamo molto stanchi delle ambiguità e delle contraddizioni europee. Siamo molto stanchi di un’Europa che dice alcune cose e poi non le fa. Siamo molto stanchi di un’Europa che è piccola con le cose grandi e grande con le cose piccole. E noi siamo convinti che, se l’Europa non cambia, siamo di fronte all’inizio della disintegrazione europea», dice il sottosegretario agli affari europei, Sandro Gozi, parlando a margine del Consiglio Affari Generali a Bruxelles.
Il premier Renzi ha spiegato: «Abbiamo posto il veto con il sottosegretario Gozi a Bruxelles» che voleva «lasciare i siciliani a farsi carico dell’immigrazione, di salvare migliaia di vite di farsi carico delle soluzioni e della complessità della vicenda. E poi riempiono di soldi i Paesi europei che non accettano non soltanto un accordo che loro hanno firmato, ma con i nostri soldi alzano i muri». Dal canto suo, il sottosegretario slovacco per gli Affari europei, Ivan Korcok, parlando a nome della presidenza slovacca di turno, dal canto suo, ritiene di «aver raggiunto un ampio consenso» sulla revisione del bilancio pluriennale della Ue e pur «rispettando la riserva espressa dall’Italia, che ha bisogno di più tempo per unirsi al consenso», e «l’astensione del Regno Unito», ha deciso che presenterà l’accordo al Parlamento europeo.
La Commissione di Bruxelles ha deciso una linea prudente sulla manovra del governo Renzi dopo molti giorni di schermaglie. L’esame vero e proprio comincerà domani, ma, a quanto pare, un giudizio definitivo arriverà soltanto nei primi mesi del 2017. Un rinvio che sarebbe ben accolto dall’esecutivo italiano alle prese con il referendum del 4 dicembre, che vedrebbe spostato più in là un esame complicato, visti gli sforamenti previsti nelle legge di bilancio italiana.
Nelle previsioni economiche della scorsa settimana, infatti, si era evidenziato uno scostamento significativo fra le stime della Commissione e quelle di Roma soprattutto sul debito pubblico, stimato l’anno prossimo al 133,1% del Pil, ancora in crescita, anche se di poco, rispetto al 133% di quest’anno, mentre il governo lo stimava al 132,6% nel 2017, in calo rispetto al 132,8% del 2016. Nei due ultimi anni, inoltre, l’Italia ha già beneficiato di 19 miliardi di flessibilità impegnandosi in cambio a far scendere il deficit dal 2,4% del Pil del 2016 all’1,8% l’anno prossimo. Nel documento programmatico però, a causa dei costi straordinari per le emergenze migranti e terremoto, il deficit/Pil per il 2017 è stimato al 2,3%, che secondo le previsioni Ue sale al 2,4%.
Gli emendamenti principali alla manovra
BONUS MAMME - Si va da chi, come il Pd, chiede l’introduzione di un tetto Isee a chi come Ap ne vuole invece un ulteriore rafforzamento prevedendo che quello per i nidi possa sommarsi a quello già previsto per le baby-sitter.
CONGEDO PAPÀ - Numerose le proposte che chiedono di aumentare gli attuali due giorni obbligatori. C’è chi ne propone tre, chi cinque e chi quindici.
PONTE STRETTO - Dichiarare infrastruttura prioritaria per l’interesse del Paese il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente. A chiederlo è Ap, con un emendamento segnalato.
SGRAVI NEOASSUNTI SUD - Sgravi contributivi per nuove assunzioni per il Mezzogiorno dal 2017. In questo caso la proposta arriva dal Pd.
ENTI LOCALI, PIÙ TURN OVER E PIANO ASSUNZIONI - Aumento dei limiti del turnover negli enti locali fino al 50% nel 2016 e 2017 e al 75% dal 2018. La soglia finora è del 25%. Per i Dem serve anche un piano straordinario di assunzioni e c’è anche chi propone la trasformazione a tempo determinato dei contratti di collaborazione nei ministeri, enti locali e ricerca.
PIÙ SOLDI A STATALI, FARO SU VVFF - M5S, Lega e Fi, ma anche parti della maggioranza, chiedono di incrementare (da 1 a 3 miliardi solo per il primo anno) le risorse per gli statali. È trasversale poi la richiesta di aumento dell’organico dei vigili del fuoco.
IPERAMMORTAMENTI AL 250% ANCHE PER RADIO E TV - La proposta è targata Fi e riguarda «i contenuti informativi e audiovisivi per la radiodiffusione sonora e televisiva».
SUPERAMMORTAMENTO MAGGIORATO AL SUD - Incrementare il superammortamento al 140% sui beni strumentali di un ulteriore 20% nelle Regioni del Sud. La richiesta arriva da diversi gruppi parlamentari.
BIGLIETTI MUSEI, SI PAGA CON CELLULARE - Un emendamento del Pd propone di poter acquistare con il credito del telefonino i biglietti per musei e luoghi culturali.
APE SOCIAL - Far scendere a 35 anni i contributi per l’Ape social. La proposta è firmata dalla commissione Lavoro, che chiede anche si abbassi il requisito di invalidità attuale per accedere al reddito ponte dal 74 al 60%.
DONAZIONE CIBO SENZA IVA: Esenzione Iva per le eccedenze alimentari che le imprese donano in beneficienza, senza burocrazia e dichiarazioni, ma con un tetto a 5.000 euro di giro d’affari. Lo propone il Pd.
SCONTO CAMPIONARI TESSILI-SCARPE: Uno sconto fiscale del 15% per le spese connesse alla realizzazione di campionari con specifico riferimento anche alle spese relative alla ricerca e ideazione estetica’’ e anche «alla realizzazione di prototipi». Lo propongono alcuni parlamentari del Pd.
RAI E CANONE - Forza Italia e Lega vogliono la riduzione del canone a 50 euro. Tante anche le proposte per finanziare radio e tv locali.
PAPERONI - In Parlamento sono d’accordo in molti: niente flat tax di 100 mila euro per chi trasferisce la residenza nel nostro Paese, dopo aver passato all’estero 9 degli ultimi 10 anni. Meglio fissare una percentuale fissa.
Pd ritira emendamento che accorpa Imu-Tasi
Ed è durato poche ore il pasticcio del Pd sull’ipotesi di unificare in un’unica imposta di Imu e Tasi e dare vita così all’Imi. L’intento era semplificare la vita ai contribuenti. Ne è nato invece un polverone. L’accusa, delle opposizioni ma anche di Confedilizia, era quella di tentare un nuovo aumento delle tasse sulla casa. Ma la parola d’ordine del governo Renzi era e rimane “giù le tasse”: ecco quindi che l’emendamento, ispirato dall’Anci, è stato prima approfondito e verificato a dovere e poi ritirato dallo stesso Manlio Marchi, che per primo lo aveva firmato, proprio per evitare strumentalizzazioni. «Siamo al “compro una vocale” di Mike Buongiorno...» ha ironizzato Matteo Renzi, riferendosi al nome che avrebbe dovuto avere la nuova tassa unica, l’Imi. «È una cosa che non sta né in cielo né in terra - ha tagliato corto il premier - noi non aumentiamo le tasse, vogliano tagliarle».
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-E COSI SU LA REPUBBLICA:
REAZIONE:FACCIA QUELLO CHE FACCIA RENZI LA VITTORIA DEL NO E' SCONTATA.E SCONTATO E' CHE RENZI SE NE DOVRA ANDARE,NON CI SONO PIU LE CONDIZIONI PER IL SOSTEGNO INTERNAZIONALE NE INTERNO.E METTO IN GUARDIA SU UNA OFFENSIVA REFERENDARIA PRO-RENZI DEL SONDAGGISMO:IL SOLO SONDAGGIO VALIDO E' QUELLO DELLE URNE. E IL GIORNALISMO DOVREBBE IMPARARE DALLA VITTORIA DI CAMERON,DAL BREXIT E DALLA VITTORIA DI TRUMP.
-APPENDICE:SECONDO ROUND BLOCCO
-SU THE HUFFINGTON POST:
huffingtonpost.it
“Era chiaro anche prima e noi infatti ci siamo sempre battuti contro l’austerity. Ma la vittoria di Donald Trump negli Usa non dà scampo: il rigore non è più sostenibile. Ne va della fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee. Urge dare una sveglia all’Europa sulla sicurezza e sui giovani”. Sandro Gozi ha appena terminato di dare battaglia al Consiglio Affari generali dell’Ue. Su mandato del premier Matteo Renzi, il sottosegretario agli Affari Europei ha espresso le riserve italiane sulla revisione del bilancio pluriennale dell’Unione Europea, di fatto bloccandone l’approvazione che richiede l’unanimità. E’ un altro round della crociata renziana contro questa Ue. A meno di tre settimane dal referendum costituzionale, i sondaggi gli danno ragione (convince due elettori su tre, dice Pagnoncelli), il premier va avanti. E domani a Bruxelles è previsto un assaggio dello stesso pranzo anti-europeo.
Domani infatti, la riserva italiana sul bilancio pluriennale – che secondo l’ultima proposta della presidenza slovacca è ancora troppo scarso in risorse “per i giovani, la lotta alla disoccupazione giovanile o Erasmus, i programmi di successo come Horizon 2020, e poi l’immigrazione…”, elenca Gozi – piomba in ‘sede di conciliazione’. Secondo il ‘burocratese’ europeo, trattasi del tentativo di trovare un accordo tra Parlamento e Consiglio, con la Commissione a mediare. L’Italia dovrebbe recitare la stessa parte portata avanti oggi da Gozi. Il compito è affidato a Daniele Viotti, europarlamentare Dem, unico italiano presente nella delegazione della Commissione Bilancio dell’Europarlamento che verrà sentita sul bilancio bloccato oggi. Ma Viotti non sarà solo: con lui ci saranno i socialisti francesi, gli spagnoli, portoghesi. Insomma un’alleanza anti-austerity che comincia effettivamente a dare concreti segni di vita a Bruxelles.
Oggi la notizia della mossa italiana è arrivata più o meno in tempo reale alla riunione del gruppo socialista in Commissione Bilancio. E – manco a dirlo – è stata osannata dai presenti, soprattutto i francesi, gli spagnoli e i portoghesi. Non solo. Viotti domani potrebbe trovare alleati anche del Ppe, in quanto anche tra i Popolare si sta strutturando una fronda anti-austerity composta da eurodeputati del sud Europa. Sostanzialmente, scommettono i Dem a Bruxelles, il Consiglio non ce la farà a far approvare la revisione del bilancio nella prossima sessione parlamentare a Strasburgo la prossima settimana. E forse nemmeno a dicembre. Ma c'è da dire che la presidenza slovacca vuole andare avanti lo stesso almeno sul bilancio annuale, per il quale si può procedere a maggioranza.
A sera a Zapping su Radiouno Renzi la spiega così: "La riserva di oggi è l'anticamera del veto che potremo esprimere sul bilancio europeo. Quello attuale è stato deciso dal governo Monti nel 2012. E questi sono numeri negativi per l'Italia che mette nella cassaforte collettiva 20 mld di euro e ne prende 12. Noi siamo contributori attivi per 8 miliardi che vanno all'Ungheria, la Slovacchia ecc, secondo un modello ispirato alla solidarietà. Ora, se gli europei continuano a fare i furbi sull' immigrazione, se pensano di essere altruisti e solidali solo quando c'è da prendere i soldi, allora quando c'è da discutere il bilancio siamo pronti a mettere il veto. Quella di oggi è una riserva, non siamo in condizioni di poterlo bloccare ma lo abbiamo fatto per segnalare il nostro disaccordo su alcune voci".
Anche questo si chiama effetto Trump. Il tycoon ha messo in crisi i partiti tradizionali negli Usa. In Europa chi dei partiti tradizionali è ancora in sella cerca di correre ai ripari. Ora o mai più. Il che è vero soprattutto per Renzi, ormai agli sgoccioli nella campagna referendaria che potrebbe costargli la carriera da premier.
La mossa messa in atto oggi a Bruxelles cade a pennello. Oggi Renzi è in Sicilia. Da Catania commenta: "L’Ue voleva lasciare i siciliani a farsi carico dell'immigrazione, di salvare migliaia di vite di farsi carico delle soluzioni e della complessità della vicenda. E poi riempiono di soldi i Paesi europei che non accettano non soltanto un accordo che loro hanno firmato, ma con i nostri soldi alzano i muri". Domani la Commissione Europea esprimerà il proprio parere sulle leggi di bilancio degli Stati membri. Sull’Italia il giudizio dovrebbe essere ok con riserva da esibire a gennaio, dopo il referendum quindi. Se n’è parlato anche nella cena di ieri sera tra il capogruppo dei Socialisti e democratici Gianni Pittella, del Ppe Manfred Weber, i presidente della Commissione Juncker e il vicepresidente Timmermans. Juncker avrebbe anticipato un lasciapassare parziale, che non soddisfa del tutto il governo ma gli dà fiato per l’ultimo sprint referendario. E poi c’è da dire che la Commissione varerà anche un documento di allontanamento progressivo dall’austerity: che porta acqua al mulino del premier.
“Juncker ha varato una vera e propria svolta – ci dice Pittella – Per la prima volta dopo decenni la commissione spinge gli Stati membri, Germania in primis, ad adottare politiche di bilancio espansive. Altro che austerità”.
Sostanzialmente l’America intima il ‘time out’ anche da questa parte dell’Atlantico. L’Europa cerca di darsi una mossa per restare in piedi. E Renzi in questo fa la sua parte, mobilitando tutti i suoi a Roma e Bruxelles, ognuno con un compito da svolgere. Questa settimana poi potrà godere di un ultimo aiuto da parte di Barack Obama. Il presidente uscente è arrivato oggi ad Atene e domani sera sarà a Berlino per il vertice con Angela Merkel e i più stretti alleati europei, tra cui anche lo stesso Renzi. “Trump e Sanders, candidati non convenzionali, hanno avuto successo”, riconosce Obama dalla Grecia, paese epicentro della crisi europea per i conti pubblici e l’emergenza immigrazione. Il messaggio di Obama per l’Europa: “L’austerity alimenta i populismi”.
E’ l’effetto Trump che si abbatte sull’Ue, ma paradossalmente porta anche la firma di Obama.
http:huffingtonpost.it/2016/11/15/trump-austerity-ue_n_12987720.html?1479240000&utm_hp_ref=italy
REAZIONE:
1-ALL INCLUSIVE:IL GIORNALISMO CONTINUA LA SUA PREDICA ALL INCLUSIVE,OBAMA PIU TRUMP,SOCIALISTI DI TUTTI I GENERI PIU IL PD DI RENZI(SOCIALISTA RENZI?) E COSI VIA.POCO SERIO INSOMMA.
2-ILPD DI RENZI PARTITO TRADIZIONALE?MA VA...
3-LA SICILIA NON HA BISOGNO DI QUESTA COMPASSIONE RENZIANA,ANZI VIENE PROMOSSA DAGLI EUROPEI PER GESTIRE DA SOLA(SENZA RENZI,ALFANO E COMPAGNIA BELLA)L'IMMIGRAZIONE.E LA GB HA PROMESSO SOLDI.SOLDI CHE SI VEDE,RENZI VUOLE METTERLI MANI.
3-CON QUALE SONDAGGIOMETRO RENZI FA I SONDAGGI?
Congelato il giudizio sulla legge di bilancio a dopo il referendum. Una scelta che conviene a Renzi e alla Ue (di A. Mauro) OSTRUZIONISMO REFERENDARIO - L'Italia blocca la discussione sul bilancio pluriennale: salta anche la conciliazione, se ne riparla a dicembre -TITOLARE 2:
MA SE DI DISFATTA ITALIANA PARLIAMO DOPO QUESTO RIMANDAMENTO DOBBIAMO DIRE CHE LA PROPIA UE NE ESCE ANCHE NOCIUTA DI QUESTO CAPITOLO:INACETTABILE CEDERE AI RICATTI DELLA TURCHIA CHE SONO DELLA STESSA NATURA DI QUELLI DI BOSSI,QUELLI FANGHI PORTARONO QUESTO LODO.E INACETTABILE SANCIRE LA IRREPONSBILITA ECONOMICA DI RENZI CEDENDO A FLESSIBILIZAZIONI E PARLANDO DI AMORBIDIMENTO DELL'AUSTERITA COME FA JUNCKER.MA ORMAI L'UE,DOPO IL BREXIT E' IN VIA DI DISSOLUZIONE.
COMUNQUE SIA NON SARA SOLO DA QUESTI ARGOMENTI CHE SCATURIRA LA VITTORIA DEL NO,QUESTA LI ANTECEDE ED E' SCONTATA FACCIA QUEL CHE FACIA RENZI............RENZI,OBAMA E L'UE.
E SI VADA A VOTARE CON LO STESSO SPIRITO CON QUI ABBIAMO SCONFITTO IL REFERENDUM FEDERALISTA DI BERLUSCONI-BOSSI:QUESTA E' SOLTANTO UNA NUOVA TENTATIVA DI FARE PASSARE DALLA FINESTRA CIO CHE NON HA POTUTO ENTRARE DALLA PORTA.
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18 NOVEMBRE 2016:RENZI NON GESTISCA IL DOPO REFERENDUM
-TITOLARE CORRIERE DELLA SERA:
IL RETROSCENA
Renzi e il dopo: legge elettorale in 3 mesi
Caos sulla par condicio
di Maria Teresa Meli In caso di vittoria del No, per il premier «niente governicchi». Obiettivo voto subito se sconfitto L’Agcom alla Rai: «Dateci lista degli ospiti di Fazio dopo Renzi»
-NOTA COMPLETA:
Referendum, Renzi e il dopo: in 3 mesi si fa la legge elettoraleCaso sulla par condicio
il retroscena
Milano, 17 novembre 2016 - 22:11
In caso di vittoria del No, per il presidente del Consiglio «niente governicchi». Obiettivo voto subito se sconfitto. Il premier da Fazio, l’Agcom chiede i prossimi ospiti
Se vince il No, Matteo Renzi si dimette. Non solo: il premier non consentirà la nascita di «un governicchio purchessia», solo «per tirare a campare» fino al 2018. Dalla Sardegna il premier cerca di fugare dubbi ed equivoci. E spiega ai collaboratori: «Per quanto mi riguarda non farò mai un governo solo per restare a galleggiare. È probabile che mi chiedano di restare perché non ci sono alternative, ma io non rimango a farmi logorare e condizionare. E se si vuole fare la legge elettorale per andare al voto, la si può fare in tre mesi, ma se la si vuole utilizzare come scusa per tirare per le lunghe, se lo scordino. Si va alle elezioni. Ci vuole chiarezza, basta con i giochini della vecchia politica».
In pubblico, ovviamente, il premier è meno netto, anche perché non ha intenzione alcuna di entrare in rotta di collisione con Sergio Mattarella e intaccare le prerogative del capo dello Stato: «Se i cittadini dicono “No” e vogliono un sistema che è quello decrepito che non funziona, io non posso essere quello che si mette d’accordo con gli altri partiti per fare un governo di scopo o un governicchio». E ancora: «O si cambia o se vogliono galleggiare, trovino altri. Se qualcuno vuole fare strani pasticci, li faccia senza di me». Dunque, Renzi si dice pronto ad andare fino in fondo: «Quando smetterò di fare il presidente del Consiglio, che sia domani o tra cinque anni, mi inchinerò alla bandiera italiana e dirò grazie per l’onore che ho avuto di servire il Paese. Non farò come altri che hanno messo il broncio, o che hanno deciso di votare “No” perché non hanno avuto uno strapuntino di consolazione. Io non sono abbarbicato alla poltrona». A poco più di due settimane dal voto referendario, la tensione è quindi alle stelle. E non accenna a diminuire. Anzi.
Sembra averlo capito l’Agcom che, onde evitare il coinvolgimento nella polemica politica ormai sempre più aspra, ha «ordinato» alla Rai la lista degli ospiti che si alterneranno da Fabio Fazio, dopo l’assolo di Renzi a Che tempo che fa. Questo, ovviamente, per controllare che la «par condicio» venga rispettata. La Rai ha assicurato che il prossimo ospite rappresenterà il No. L’Agcom ha anche sollecitato le testate giornalistiche delle varie emittenti tv ad «aumentare i tempi di trattazione dell’argomento referendario». Ma è chiaro che anche dopo questa mossa dell’Agcom, le polemiche non si sopiranno. Il «tutti contro Renzi», scatenato dallo stesso premier, convinto che gli serva ai fini del consenso, non si ferma. La minoranza del Pd non abbassa i toni. E il premier nemmeno: nei comizi sottolinea, alludendo anche a Bersani e D’Alema, che «la vecchia classe politica che ha governato per trent’anni vuole riprendersi il potere che il Sì le toglierebbe definitivamente». Ma questo scontro con gli ex premier o leader di un tempo, che coinvolge Monti, D’Alema, Bersani, Berlusconi, non riguarda invece Romano Prodi. Anzi. Nonostante le ripetute critiche dell’ex presidente del Consiglio al governo (da ultime quelle sull’atteggiamento nei confronti dell’Europa), Renzi, sotto sotto, spera ancora che Prodi dichiari il suo Sì alla riforma.
17 novembre 2016 (modifica il 18 novembre 2016 | 15:50)
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http:corriere.it/referendum-costituzionale-2016/notizie/referendum-costituzionale-2016-renzi-dopo-3-mesi-si-fa-legge-elettorale-italicum-0c59f40c-ad09-11e6-afa8-97993a4ef10f.shtml
REAZIONE:RENZI,ALLO STILE DEI POLITICI TRADIZIONALI DELLA VECCHIA DC CERCA DI RICATTARE AL CETO POLITICO ATTACATO ALLE POLTRONE,E PARTICOLARMENTE AI PRODIANI,PERCHE CHIAMINO A VOTARE SI MINACCIANDO NUOVE ELEZIONI SUBITO IN CASO DI VITTORIA DEL NO.NIENTE GOVERNI DI SCOPO?NIENTE GOVERNICCHI? BENE SUCCEDA QUEL CHE SUCCEDA RENZI NON DEVE GESITRE LA TRANSIZIONE DEL DOPO REFERENDUM,C'E BISOGNO DI QUALCUNO ADEGUATO SENZA CONTATTO CON LUI E CIO CHE HA PRETESO RAPRESENTARE.A LUI MANDIAMOLO A.......CASA.
FABIO FAZIO NON FACCIA IL FURBO.
-APPENDICE:BREXIT GIA
-TITOLARE CORRIERE DELLA SERA:
IL CENTRODESTRA
Berlusconi rassicura: tranquilli, il 5 dicembre non c’è alcun rischio
di Tommaso Labate Il leader di Forza Italia in visita all’ambasciata britannica ha tranquillizzato il Paese alleato sugli effetti della vittoria del No al referendum
REAZIONE:IN TEMPI DI BREXIT QUESTO PRANZO DEI NOSTALGICI DI BLAIR E' UNA PROVOCAZIONE ,BERLUSCONI NON E' UNA FUGURA POLITICA DI PESO,NON PUO NE MENO DISPORRERE DELLA SUA UMILE ANATOMIA,E BLAIR CADUTO NELL'OSTRACISMO DOPO ESSERE SFRATTATO DAL GOVERNO,CACCIATO DELL'ANGLICANISMO E TRANSFUGATO NEL CATTOLICESIMO,ORMAI E' DIVENTATO,SECONDO I PROPI INGLESI "NEMICO DEL POPOLO": VADA ANCHE RENZI A FARLI COMPAGNIA:RENZIANI,BERLUSCONIANI E BLAIRIANI MANDIAMOLI TUTTI ALLO STESSO POSTO.RESTITUIAMO LA NUOVA ERA DEFINITIVAMENTE.
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=xSsffD18mdI&w=560&h=315] -
19 NOVEMBRE 2016:TRUMP-BREXIT
-SU LA STAMPA:
Trump incontra l’euroscettico Farage
La foto con Trump postata da Farage su Twitter
Nigel Farage da Donald Trump. Il leader euroscettico dell’Ukip e del movimento `Leave´ che ha portato alla Brexit è entrato oggi alla Trump Tower ed è stato fatto salire alla residenza privata del presidente eletto. Porte chiuse invece per il regista Michael Moore, che dopo essere entrato nella lobby della Trump Tower con una troupe e aver chiesto di parlare con il tycoon si è visto sbarrare l’accesso. Ieri Downing Street aveva seccamente smentito l’ipotesi - accreditata dal filo conservatore Daily Telegraph - che Farage possa fare da intermediario fra il governo britannico e la nuova amministrazione Usa di Donald Trump.
«Hanno parlato di libertà e della vittoria e di ciò che questo significa per il mondo», ha riferito Kellyanne Conway (ex campaign manager destinata ad avere un posto di rilievo nella prossima amministrazione guidata dal tycoon).
«Particolarmente soddisfatto per la reazione molto positiva di Trump all’idea di riportare il busto di Winston Churchill nello Studio Ovale». Così Nigel Farage su Twitter dopo aver incontrato il presidente eletto alla Trump Tower. Sul busto di Churchill si era scatenata una polemica tra Barack Obama e l’allora sindaco di Londra Boris Johnson che lo aveva accusato di aver rimosso la statua dallo Studio Ovale.
«Questo è un uomo con cui possiamo fare affari», ha twittato ancora Farage accompagnando il post con una foto di lui e Trump sorridenti che escono da un ascensore dorato del grattacielo. «Il sostegno di Trump al rapporto tra Usa e Gb è molto forte». «È stato un grandissimo onore incontrare Trump. Era rilassato e pieno di buone idee. Sono convinto che sarà un buon presidente», ha aggiunto l’ex leader dell’Ukip.
Intanto la candidata democratica alla Casa Bianca è tornata a far sentire la sua voce e, in una conference call con i suoi donatori, ha puntato l’indice contro il direttore dell’Fbi, James Comey, ritenendolo responsabile della sua sorprendente sconfitta. Lo hanno raccontato ai media americani i partecipanti alla riunione. Hillary ha sostenuto che la lettera al Congresso, undici giorni prima del voto, la danneggiò pesantemente: Comey avvertiva che l’Fbi voleva tornare a esaminare la posta elettronica inviata dal server privato della Clinton quando era segretario di Stato; e i sondaggi -ha detto lei- crollarono. «La nostra analisi è che la missiva di Comey, seminando dubbi privi di fondamento, fermò il nostro slancio».
Ma la lettera successiva, tre giorni prima del voto, in cui Comey annunciava di averla definitivamente discolpata, fu ancora più dannosa della prima, perché «rafforzò l’idea nei sostenitori di Trump che il sistema sia truccato».
http:lastampa.it/2016/11/13/esteri/speciali/presidenziali-usa-2016/trump-incontra-leuroscettico-farage-VB4AcR016js3GjizlCeDzH/pagina.html
19 NOVEMBRE 2016:ANCORA REFERENDUM
Renzi si prepara alla sconfitta: «Se vince il No, faremo verifiche»
venerdì 18 novembre 2016 - 20:02
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Renzi tenta di esorcizzare i sondaggi a lui sfavorevoli, ma si prepara alla sconfitta “Se vince il No cosa accadrà al governo lo scopriremo solo vivendo….Seriamente io penso che questo referendum possa segnare davvero il cambiamento, questo governo è nato per cambiare e fare le riforme. Ove i cittadini bocciassero le riforme, verificheremo la situazione politica”. Di più Renzi non si sbilancia, ma questa affermazione fa chiaramente capire che il premier sta pensando a una exit strategy per il dopo referendum. Renzi lo afferma alla conferenza stampa sui 1000 giorni di governo a Palazzo Chigi.”Questo governo – aggiunge- è nato per fare le riforme costituzionali, le abbiamo fatte e deciderà il cittadino se vanno bene o no. Nostro compito era anche portare a casa la ripartenza che va ancora piano ma è molto più forte di prima”. Lo dice il premier Matteo Renzi nella conferenza stampa per i 1000 giorni di governo.
Renzi minimizza anche l’intervento a gamba tesa di Bankitalia. “Credo che sia fisiologico che davanti ad una possibile novità politica ci sia una fibrillazione maggiore dei mercati, personalmente reputo ovvio l’assioma riforme-pil su e al contrario che lo spread salga se non si fanno. Detto questo però chiarisco che il compito di chi sostiene il Sì non è usare la carta della paura ma cercare di riempire di motivazioni le ragioni del “Sì”. Bankitalia poi fa il suo mestiere”. La sperana di Renzi è in nun flop dei sondaggi. “Tutti i sondaggi danno il “No” al referendum in testa. Si potrebbe buttarla sul ridere dal momento che nel 2016 non ne hanno azzeccato una sola, non è che devono iniziare questa volta. Ma vedo la partita referendaria totalmente aperta in ragione degli indecisi. E le buone ragioni che ci spingono a lottare per il Sì sono più forti che mai. Sono convinto che la maggioranza silenziosa degli italiani sappia scegliere sulla base del quesito poi potranno scegliere Sì o no”.
http:secoloditalia.it/2016/11/renzi-esorcizza-i-sondaggi-si-prepara-sconfitta-se-vince-verifica/
secoloditalia.it
sabato 12 novembre 2016 - 13:37
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Aumenta la paura e la poltrona vacilla. Con l’avvicinarsi del referendum del 4 dicembre cresce tra i ministri il timore di una ricaduta negativa sul governo. Il primo a temere il peggio in caso di vittoria del no è Angelino Alfano che in queste ore si fa notare per una particolare apprensione. «Questo governo ha realizzato tante di quelle cose per cui non si può dire che l’eventuale no debba produrre le dimissioni», ha ripetuto in queste ore il ministro dell’Interno, dopo che Matteo Renzi ha trasformato l’esito referendario in una verifica sulla sua persona e sull’esecutivo.
«Il referendum – insiste Alfano nel suo tour a favore del sì – è una parte significativa e importante, ma non è il tutto dell’azione di governo». Lo ha detto a Pescara a margine di un incontro sul referendum aggiungendo che «le cose fatte sono troppe per essere assorbite dal solo eventuale no al referendum». Anche sullo scandalo delle lettere inviate da Renzi agli italiani all’estero per invitarli al foto, Alfano si mostra fedele al capo. «È un’iniziativa assolutamente normale che ha tutta l’istituzionalità che giustifical’intervento di un presidente del Consiglio che promuove il voto. Suscita uno scandalo giusto perché, a volte, la patina di ipocrisia è troppo spessa. C’è troppa ipocrisia». Fiutato il pericolo, anche Renzi spinge l’acceleratore sugli spot e sulle trasferte in agenda, temendo che il fronte del no avrà la meglio sul sì (come dimostrano tutti gli ultimi sondaggi). Il premier, come segretario del Pd naturalmente, lunedì sarà a Brescia all’auditorium Balestrieri per l’ennesimo incontro. Per l’occasione referendaria è uscito dal silenzio anche Pier Ferdinando Casini, tra i più accaniti sostenitori del sì. «Salvini è perfetto nello speculare sulle paure ma qualcuno dovrebbe spiegargli che all’incasso andrà Grillo, non lui», ha detto parlando a Milano a un incontro per il sì.
http:secoloditalia.it/2016/11/referendum-alfano-sattacca-poltrona-non-produrra-dimissioni/
secoloditalia.it
lunedì 7 novembre 2016 - 11:42
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È il Pd dell’arroganza e della sudditanza. Senza perifrasi, è un Bersani furioso quello del dopo-Leopolda, in trasferta a Palermo per una serie di dibattiti sul referendum costituzionale per il quale ribadisce forte e chiaro il suo No. Il suo è un lungo sfogo. Le sue parole aprono un solco incolmabile con buona parte del suo partito e con il premier Renzi sul quale ha riversato giudizi e parole pesantissimi. Che tristezza il coro “Fuori fuori” urlato alla miniranza del Pd, racconta ai cronisti. «Ho provato una grande amarezza. Vedo un partito che sta camminando su due gambe, l’arroganza e la sudditanza. Cosi non si va da nessuna parte. I leopoldini possono risparmiarsi il fiato, vanno già fuori parte dei nostri. Io sto cercando di tenerli dentro, ma se il segretario dice “fuori fuori” bisognerà rassegnarsi». Il Pd è sempre più una polveriera sul punto di esplodere.
«Nel Pd ci vuole libertà, autonomia, schiena dritta, pensiero, democrazia: non chi vuole arroganza e sudditanza. Mi impressiona che tutti gli altri stiano zitti». Il No di Bersani alla riforma Renzi-Boschi è categorico. E poi «sul tema della costituzione non esiste una disciplina di partito – spiega- il segretario deve dare indicazione, poi ognuno sceglie con propria testa. Il “Il ‘no’ al referendum è un modo per far saltare l’Italicum, il resto sono chiacchiere. Su quel foglietto c’è scritto “stai sereno, ma io voto no”. Mi preoccupa l’incrocio tra il referendum e l’Italicum, con un “governo del capo” e parte del Parlamento nominato. Non sto parlando di noccioline. Non posso tollerare questo rischio con conseguenze gravissime, mi spiace», prosegue Bersani che avverte: «Al congresso del Pd porrò il problema della separazione della leadership del partito con la guida del governo».
È furioso e avvilito al tempo stesso, Bersani: «Che miseria umana», commenta le indiscrezioni riportate dalla stampa secondo cui in caso di vittoria del No al referendum il Pd metterebbe fuori dalle liste elettorali gli esponenti della minoranza dissidenti con la linea del Si. «Aver drammatizzato com’è ha fatto Renzi il voto costituzionale non ha precedenti. Ha diviso il Paese. Ma è un referendum, diciamo al mondo che è una cosa italiana e che il giorno dopo il mondo resterà come prima», esclama Bersani. «Ma è possibile che da un anno a questa parte si vada avanti a pane e referendum? – aggiunge – La gente ha altri problemi. Bisogna tornare con i piedi per terra e sdrammatizzare, altrimenti perdiamo tutti e ci ritroviamo il Paese diviso». Gli chiedono della scelta del Si di Gianni Cuperlo. «Cuperlo? Non do giudizi, è chiaro che la sua è una scelta personale e individuale», commenta mestamente Bersani
http:secoloditalia.it/2016/11/lira-di-bersani-il-pd-di-renzi-solo-arroganza-sudditanza-e-miseria-umana/
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20 NOVEMBRE 2016:BENVENUTI AL BRENXIT
-SU EUROPA NEWS:
@DIgnazioLisa
Bruxelles – I preparativi per il divorzio britannico sono in corso e l’exit strategy “è sulla buona strada”. Theresa May, oggi a Berlino per un incontro bilaterale, ha rassicurato la cancelliera Merkel che il governo britannico sta lavorando all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.
I legami con l’Ue saranno recisi non appena “saremo pronti ad adottare l’articolo 50 entro la fine di marzo 2017”. Nonostante Merkel abbia chiarito che il tema della Brexit non era all’ordine del giorno, May ha voluto parlarne. I chiarimenti arrivano dopo le critiche alla premier britannica da parte delle opposizioni che la accusano di non aver ancora un piano per l’uscita dall’Unione.
Il confronto con Theresa May avviene in una Berlino divenuta per due giorni sede diplomatica mondiale con la visita, a partire da ieri, di Barack Obama e, da oggi, di altri leader europei: il premier italiano Matteo Renzi, il presidente francese Francois Hollande e il capo di governo spagnolo Mariano Rajoy. “Sarà un processo regolare, nell’interesse sia del Regno Unito e che dei nostri partner europei”, ha aggiunto la premier britannica.
A decidere tempi e modalità della Brexit, tuttavia, potrebbe anche non essere solo Theresa May che deve aspettare la decisione della Corte Suprema del Regno Unito. Tra il 5 e l’8 dicembre si pronuncerà sul ricorso del governo contro la decisione dello scorso 3 ottobre dell’Alta Corte di Londra, che imponeva un voto del parlamento per avviare il processo di uscita dall’Unione europea.
http:eunews.it/2016/11/18/may-rassicura-merkel-preparativi-per-brexit-sono-sulla-buona-strada/72371
REAZIONE:RIUNIONE DELLA DOPPIA USCITA:QUELLA DI RENZI PER QUI QUESTO SARA L'ULTIMO SUMMIT EUROPEO,E QUELLA DEL GRAN BRETAGNA CHE PARADOSSALMENTE VEDRA RENZI TESTIMONIO.QUELLO DEL TITOLO.